Matteo Renzi intende andare alle elezioni anticipate a maggio, insieme al voto amministrativo nelle grandi città. Prima c’era l’ostacolo del Giubileo e di Roma, dove non si sarebbe votato. Ora, con le dimissioni “obbligate” del sindaco Marino la Capitale andrà alle urne insieme a Torino, Milano, Bologna, Napoli ed altre città, sarebbe difficile per il Capo dello Stato dire di no (come ha fatto) al segretario-premier. Che non a caso ha posto potenti mine contro il suo governo per costringere il Quirinale a sciogliere le Camere, essendo stato bruciato, dal comportamento tenuto sulla riforma del Senato, il presidente Grasso, possibile candidato per un governo d’emergenza.
Tali mine sono evidenti. La prima: il ripetuto no alle richieste del Ncd-Udc (Area Popolare) sia alla modifica della legge elettorale per quel che attiene al ballottaggio tra le liste, sostituite dalle coalizioni, sia ad emendamenti al disegno di legge sulle Unioni Civili. Nel primo caso gli alleati di governo di fatto scomparirebbero salvo quei pochissimi candidati con il Pd. Nel secondo il simil- matrimonio anche per le coppie gay, compresa l’adozione di un eventuale figlio di una dei due o delle due, non potrebbe essere votato da Area Popolare, determinando un vulnus nella maggioranza parlamentare.
Che tutto questo sia realistico è dimostrato dalla presa di posizione del coordinatore del Ncd, Gaetano Quagliarello, che si è dimesso dall’incarico, chiedendo ufficialmente, con una lettera, un chiarimento politico che significa uscire dal governo.: Così si appresta alla scissione insieme ad altri sette senatori (Sacconi, Giovanardi, Formigoni, Azzolini, Augello, Compagna) che potrebbe costituire un gruppo autonomo con le tre senatrici di Tosi o riunirsi con il gruppo di Fitto. Il tutto avverrebbe dopo il varo della legge di stabilità e al Senato i 13 dei verdiani di Ala diventerebbero determinanti se, nonostante le dichiarazioni del loro leader “mai con i sinistri, mai con Bersani”, entrassero, di fatto, in maggioranza e non solo quando in gioco ci sono le riforme elettorali. Immaginatevi, quindi, le reazioni della minoranza dem.
La seconda mina, infatti, è data appunto da questa minoranza , uscita con le ossa rotte dalla riforma del Senato e desiderosa di immediata rivincita come fanno intendere le dichiarazioni di Bersani ( no alla cancellazione dell’Imu anche per i ricchi, no ai 3 mila euro di liquidità, sì a inserire nella nuova legge elettorale il ballottaggio tra le coalizioni) e di Speranza che ha già posto un indiretto aut aut: “o noi o Verdini e i suoi amici “, annunciando anche un’offensiva sulle misure economiche del governo.
A fare da guastatori ci pensano poi, proprio i verdiniani, ad iniziare dal loro capo che ha detto chiaro e tondo : senza di noi il governo cadeva sulle riforme, aggiungendo che lui lavora per arrivare al Partito della Nazione.
Se considerate, inoltre,la situazione economica mondiale che si sta di nuovo complicando le difficoltà obiettive e lo scontro con Bruxelles sul deficit (Renzi vuol portarlo al 2,4%) per avere risorse indispensabili a mantenere le molte promesse che sta facendo, ad iniziare dall’abolizione della Tasi-Imu , comprenderete che una crisi di governo e il voto anticipato salverebbe il segretario-premier e gli consentirebbe di galoppare verso il Partito della Nazione. Sì, perché si andrebbe a votare con il Consultellum, ossia la legge elettorale uscita dalla sentenza della Suprema Corte che dichiarò incostituzionale una parte del Porcellum. Dunque, proporzionale e sbarramento al 4%, possibile riunificazione delle varie componenti dell’ex-Pdl sotto le bandiere berlusconiane (Renzi da Fazio s’è fatto scappare: ”Verdini è berlusconiano”) con Forza Italia che potrebbe raggiungere il 20%, mentre il Pd si aggirerebbe sul 35%. Ecco, così, il gioco è fatto perché al Senato non vincerebbe nessuno e sarebbe fatale l’accordo FI-PD fino, per passi successivi, all’unificazione nel Patto della Nazione, una specie di nuova DC con un grosso centro e una sinistra moderata.
Tutto questo, in teoria, può avvenire, ma gli ostacoli non mancano, anche per i contrastanti segnali che vengono dai recuperati sponsor d’oltreoceano del nostro premier. Forse sono di questo tipo perché lui li comprenda e prosegua sulla strada che l’ha portato ad abbandonare la Merkel, da tempo sotto l’offensiva americana che ha preso visibilità con “l’affaire Wolkswagen”. Probabilmente rientra in questo capitolo il riemergere della questione spese di quando Renzi era presidente della Provincia (un milione di euro in 4 anni) e Sindaco di Firenze con un ristoratore (Da Lino) che, intervistato da “Il Fatto” va a ruota libera e sostiene che il primo cittadino stava spesso da lui , anche insieme ai suoi amici ad iniziare dalla Boschi a Lotti, e, poi, mandava i conti al Comune. Ovviamente il premier smentisce tutto e quel ristoratore smentisce quanto riportato dal quotidiano nell’intervista: “Renzi pagava anche di tasca sua”). Comunque ora un’indagine della Corte dei Conti farà gli accertamenti per chiarire la questione come fece per le spese alla Provincia , archiviando il tutto imitata dalla Procura di Firenze.
Appare, comunque, singolare che a distanza di due anni venga fuori questa questione delle spese diciamo culinarie dell’ex-sindaco di Firenze, costringendo la Corte dei Conti ad aprire un’inchiesta. Sì, perché segue il “caso” degli scontrini che hanno indotto il Pd a costringere Marino a dimettersi da sindaco di Roma e proprio nel momento in cui la “questione morale” sta, finalmente, tornando in evidenza per i troppi scandali , per una corruzione dilagante , pensate solo al fatto clamoroso che, dopo “Mafia Capitale” e le misure adottate per prevenire appunto la corruzione sia stato bloccato il primo appalto per sistemare le dissestate strade di Roma e arrestati, proprio per corruzione, un funzionario del Comune capitolino e due imprenditori. E la commistione politica-affari-corruzione ha raggiunto livelli insostenibili perché, come hanno documentato alcune trasmissioni televisive la piccole tangenti chieste da funzionari pubblici non vengono nemmeno più denunciate.
Siamo, un Paese che,nonostante tutto questo, resiste, offre molti esempi positivi , le nostre “eccellenze” s’affermano in patria e all’estero e la società si organizza, spesso, in modo autonomo e nonostante le troppe, assurde pastoie burocratiche ed i mille piccoli soprusi di uno Stato che mette accise di qua e di là, in nessun caso collegabili con i servizi resi e, dunque, ingiustificate. C’è , quindi, un’ Italia che, a fatica, spesso con tanta sofferenza, lavora e produce e non fa notizia sensazionale. E’ quest’Italia che ci salva e fa sperare che emerga nuova classe dirigente capace di risollevare l’altra Italia, quella delle periferie delle grandi città, della disoccupazione e della disperazione che talvolta uccide; quella delle piccole e medie imprese che chiudono .
Io non so se Matteo Renzi sia un nuovo De Gasperi, come spera qualcuno, o un imbonitore della più bieca politica: Non so se ha gestito con spirito goliardico due enti locali e mi auguro non sia stato così. Di certo so che ora è alla prova decisiva. Suscita entusiasmi con il suo giovanilismo e il suo decisionismo, ma anche quasi-odii in molti di coloro che venivano da una tradizione comunista e in certi detentori di rendite parassitarie. Ha portato al governo forze nuove, anche inesperte che, a mio avviso, hanno esaurito il loro compito di rottura più che di costruzione ed oggi sarebbe necessario un rimpasto per allargare un “cerchio magico” che finirebbe per danneggiarlo. Deve, inoltre, recuperare la cultura del dialogo e del confronto, nella quale è stato educato, rilanciando nel contempo la “questione morale”.
Ha, indubbiamente, commesso vari errori, compreso quello di aver portato il Pd nelle braccia di un socialismo europeo sempre più minoritario perché, ormai, inadeguato, ritenendo, probabilmente, di rabbonire la minoranza dem che, invece, ha sempre contestato una politica governativa ritenuta eccessivamente moderata. Né gli aveva giovato l’eccessiva sudditanza alla Merkel, non comprendendo che stava giocando una partita sbagliata e assolutamente non condivisa dai suoi sponsor americani. Egualmente errato il modo con cui ha ritenuto di fare le riforme costituzionali, di fatto, da solo, anche in questo caso non considerando i messaggi che, attraverso Berlusconi, gli venivano inviati così oggi abbiamo, se non verranno cancellate dal voto anticipato, una legge elettorale assurda ed una riforma del Senato non solo pasticciata, ma tale da essere dannosa.
I prossimi mesi, direi addirittura i prossimi giorni, daranno risposte agli interrogativi che molti si pongono su chi sia, realmente, Matteo Renzi. “Molti nemici, molto onore”, dice un vecchio detto. E lui, oggi, ne ha molti . Per smentirli ha un solo modo: dimostrare d’essere un allievo di Alcide De Gasperi, con un po’ di Adriano Olivetti. A guadagnarci sarebbe l’Italia.