UN’ITALIA A DUE VELOCITA’

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Per chi lo aveva percepito, la conferenza stampa di fine anno del Presidente-segretario lo ha ben chiarito, fatto salvo, ovviamente per chi ha il prosciutto sugli occhi.

In questo fine d’anno emergono Due Italia da una politica sempre più distante dai cittadini e sempre più autoreferenziale.

C’è quella del segretario-premier ottimistica, quasi gioiosa, proiettata verso il futuro, quindi in netta ripresa, capace di divenire la locomotiva dell’Europa e tornata nei “tavoli che contano” a livello internazionale, tutto questo grazie alle riforme del governo e nonostante i tanti gufi.

In antitesi c’è l’Italia disegnata dalle opposizioni parlamentari ed anche da parte della sinistra dem ed è un’Italia che stenta a decollare, con le povertà che aumentano, la disoccupazione non diminuisce, con un Esecutivo che non ha saputo affrontare le numerose emergenze compresa quella delle “polveri sottili” e cogliere le clamorose opportunità di crescita offerte dai bassi prezzi del petrolio e degli interessi, oltre che dal cambio euro-dollaro estremamente favorevole.

Si può ben dire che si sta esagerando da una parte e dell’altra, perchè non siamo ancora all’anno zero come sostengono gli anti-renziani, ma nemmeno sulla strada dell’Eden, come ha indicato il premier nella sua lunga conferenza stampa di fine anno, tutta incentrata sulle slides con i gufetti utilizzate per smentire i pessimisti.

Un premier, per la verità, non baldanzoso come l’anno scorso, un po’ teso al punto da prendersela, all’inizio, con il presidente dell’Ordine dei giornalisti (“io l’abolirei l’Ordine!”) che, nel presentarlo, aveva criticato la lista di quelli “buoni e cattivi” stilata alla Leopolda renziana.

Non a caso due commentatori non schierati come Folli e Battista hanno notato, sui due più importanti quotidiani italiani, che Renzi è apparso “stanco e preoccupato, privo del consueto slancio ed anche la storia dei gufetti non è stata felice così come quel puntare tutto sul referendum di ottobre relativo alla riforma costituzionale, ossia l’abolizione dell’attuale Senato e la creazione di quello delle regioni.

Dunque, una specie di plebiscito nei confronti del segretario-premier ( “se perdo, avrò fallito ed andrò via”) per andare al di là del “partito della nazione” e giungere a quello personale.

Ovviamente lui, Renzi, è convinto di ottenere la consacrazione con quel plebiscito visto che s’è detto sicuro di vincere al primo turno le elezioni politiche del 2018. Siamo, in sostanza, a quello che è stato felicemente definito “populismo democratico che si nutre anche di anti-europeismo”. Ma il segretario-premier arriverà al 2018? Sono in molti ormai a sperare che si voti quanto prima.

E’ vero, la strada è ancora lunga e le insidie sono e saranno sempre molte ed il commento alla conferenza stampa renziana del senatore Gotor, bersanian-lettiano come si autodefinisce, non promettono acque tranquille nel PD ed al Senato. Né sarà pacifica l’approvazione della legge sulle unioni civili, mantenendo anche l’adozione di un figlio di uno dei due partner come ha detto ieri Renzi, nonostante il no deciso degli alfaniani e le perplessità anche di qualche renziano che si ricorda ancora d’essere cattolico.

Gli alleati centristi, pur di conservare ministri, vice-ministri, sottosegretari e presidenti di commissione, si prenderanno anche questo schiaffone su un tema, oltretutto, così eticamente delicato, continuando a perdere consensi, o reagiranno anche per evitare ulteriori scissioni al loro interno?

Ho l’impressione che il segretario-premier farebbe bene a fare una riflessione proprio sui gufi, ricordando che nell’antica Grecia erano simboli di saggezza, portavano bene come lo portano per molti anche oggi in Italia.

Il toscanaccio sottosegretario Lotti potrebbe agevolmente accertarlo e informarne il Capo, facendo un giro nei negozi di articoli da regalo. Troverà graziosi gufetti di tutte le fogge e di tutti i colori, perfino calamitati,messi in mostra proprio come porta-fortuna.

A tutti i migliori auguri.

UN CARO RICORDO DELL’ON. FLAMINIO PICCOLI NEL CENTENARIO DELLA SUA NASCITA

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In questo stesso giorno di cento anni fa nel Tirolo austriaco, nasceva un personaggio della vita politica italiana, Flaminio Piccoli. Un uomo che mai ha cercato di apparire per quanto era il suo valore, un uomo che per tanti anni, quando la politica era una cosa seria, ha dedicato una buona parte della sua vita non alla ricerca del bene comune e lo ha fatto con quello spirito che solo chi ha una fede ferrea e ferma può dare.

Flaminio Piccoli è stato un fervente cattolico di animo francescano, lo è stato quando era un sostenitore dell’Azione Cattolica. Era quello che lascia l’aver vissuto una infanzia segnata dal dolore e dalla miseria, vissuta sempre nella dignità di una famiglia di sani principi e di solida fede.

Scriveva di lui tanti anni fa un biografo trentino, Manlio Goio: “La storia di un uomo vivo coincide con la storia del popolo da cui esce; se poi la storia di quest’uomo è la storia di un politico vivo, esso finisce con l’essere la più chiara interpretazione di tutto un sostrato familiare, sociale, culturale, umano e religioso dal quale non si può prescindere se si vuole fare storia che non sia trionfalismo o demagogia, non sia in sostanza tradimento della storia quale dovrebbe essere. Chi affronti la vita di Flaminio Piccoli si trova nella felice condizione di verificare questo elementare principio”.

E’ proprio il profilo umanistico di Flaminio Piccoli che voglio ricordare, quello che ho conosciuto, che ho ammirato e che ho amato come si ama un padre.

Da mio padre naturale io ho ricevuto una educazione e quei sani principi rappresentati dal rispetto, la serietà, l’onestà in tutte le sue forme. Poi, casualmente, è entrato nella sfera del mio essere, L’On. Flaminio Piccoli. Lui ha completato l’opera di mio padre ed in Lui ho da subito capito che, non me ne vogliano i figli, un secondo genitore. Da lui ho potuto acquisire quella formazione che solo pochi uomini e, comunque, solo chi vuole il tuo bene può trasmetterti. Lui, ha fatto questo con me ed io ho cervato di assorbire tutto quanto potevo.

Era 1966 quando fui accolto nella Segreteria dell’allora Vice Segretario della Democrazia Cristiana. Ci arrivai casualmente e fui accolto subito come un membro della famiglia. Fui subito messo a mio agio, per me era tutto nuovo, la provenienza da un ufficio amministrativo, mi apriva la porta ad un mondo completamente diverso. I primi giorni mi sentii completamente spaesato, poi, l’affettuosità, la semplicità nell’accoglienza mi consentirono di superare l’imbarazzo dei primi giorni. D’altra parte, non poteva essere diversamente, io ora facevo parte della segreteria dell’On. Piccoli, un mito.

Chi era Flaminio Piccoli? Era colui che era stato protagonista nel cambiamento della Democrazia Cristiana, era colui che assieme ai Rumor, Colombo, Moro e tanto altri, al seguito di Antonio Segni, avevano dato una svolta a quel partito che doveva attraversare il guado del rinnovamento passando da partito confessionale e partito laico, senza abiure alla fede cattolica: un partito cattolico ed allo stesso tempo laico, un partito rivolto al sociale senza perdere di vista il mondo della produzione, un partito interclassista, così come lo aveva pensato Sturzo e DeGasperi. Quella svolta,  che vide Piccoli fra i protagonisti, fu consumata in una riunione formativa presso l’Istituto della Monache di Santa Dorotea in Roma e proprio per il posto dove nacque, i partecipanti che diedero vita a quella svolta politica furono chiamati “dorotei”.

Solo come promemoria ricordo cronologicamente, le varie tappe che Piccoli ha percorso nella vita politica romana: eletto Parlamentare nel 1958 espresse subito la sua propensione verso il Partito pensando solo alla sua crescita e mai “al potere”. Dopo la svolta data dal doroteismo, con la conquista della Segreteria del Partito di Mariano Rumor, Piccoli assunse l’incarico della SPES (Ufficio di indirizzo per la propaganda e la promozione) dove diede una svolta, rimodernando il sistema; dopo poco tempo, L’On. Rumor lo volle suo vice segretario vicario, dove rimase finché Rumor non venne chiamato a presiedere il Governo. Piccoli allora, da vicario convocò il Consiglio Nazionale del Partito che, dopo un lungo e difficile dibattito, lo elesse Segretario, incarico che mantenne per circa un anno, passando poi la segreteria all’On. Arnaldo Forlani.

Nominato Ministro delle Partecipazioni Statali, negli anni del suo dicastero, diede una svolta innovativa al sistema, costituendo una nuova organizzazione del sistema termale  e di quello minero-metallurgico nazionale, nonché, la riorganizzazione dello stesso ministero.

Eletto Presidente del Gruppo Parlamentare della Camera dei Deputati dove rimase per oltre una legislatura, fu promotore di diverse leggi di riforma tra le quali quella agraria sui fondi rustici.

Raccogliendo un invito-provocazione di Marco Pannella, ma, ancor più per sentimento personale, fu promotore della legge chiamata “per la lotta alla fame del mondo” che ne prese la paternità come “legge Piccoli”. Tale legge prevedeva la costituzione di un fondo per la realizzazione  di programmi di aiuti in aree sottosviluppate caratterizzate da emergenza endemica e da tassi di alta mortalità.

Con L’On. Moro fu un sostenitore del “compromesso storico” resosi necessario per lo sviluppo di una politica sociale. Sempre da Presidente del Gruppo Parlamentare fu grande sostenitore dell’ordine e della lotta contro il terrorismo. Con grande dolore seguì tutte le varie fasi successive al rapimento Moro ed alla sua fine.

In seguito al congresso del Partito fu eletto Presidente del Consiglio Nazionale, incarico resosi vacante per la morte tragica dell’On. Moro.

Nel 1980 fu rieletto Segretario della Democrazia Cristiana e volle dare una svolta innovativa al Partito. Diede vita ad un processo di apertura del Partito verso il mondo cattolico, convocando una “Assemblea nazionale degli esterni” alla quale parteciparono gli intellettuali cattolici che diedero vita ad un loro inserimento ella vita politica.

Fu eletto per un triennio Presidente dell’Iternazionale democratico cristiana così lo fu anche alla presidenza della Commissione Esteri della Camera dei Deputati.

Ma, a distinguere la personalità dell’On. Flaminio Piccoli e sempre stato il lato umano, quello di assistere chi aveva necessità. Non ricordo, nei venticinque  anni di presenza nella segreteria, di aver visto qualcuno che dopo aver chiesto un aiuto sia stato lasciato solo nella sua disperazione.

Questo era Flaminio Piccoli, questo è ciò che è stato, questo è quello voglio ricordare e che mai dimenticherò, orgoglioso di essere stato un suo umile collaboratore.

Riposa in pace Onorevole, la storia ti renderà giustizia molto più di quanto non abbiano fatto i tuoi contemporanei.

QUELLA RIPRESA CHE SI CHIAMA “ARABA FENICE”

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Pare l’araba fenice che si  sa che c’e’, ma non si vede, parlo della ripresa economica, della crisi ormai dietro alle spalle.

E non aiuta certo a tranquillizzare gli animi la situazione creata dal decreto salva banche che ha messo in ginocchio la parte debole ma, la più solida del risparmio, privandola, letteralmente, dalla sera alla mattina, di quei risparmi che, per tanti anni e lo sarebbero ancora, una risorsa per il Paese, il nostro che si è sempre fatto vanto e deve le sue passate fortune, proprio a quelle formichine che ora si trovano gabbate ed in seria difficoltà. Diciamolo pure: gli è stato rubato il loro breve futuro.

Ma torniamo a quella “araba fenice”. Saranno anche gufi –come dice Matteo Renzi-, coloro che negano questa ripresa e criticano il governo, ma l’altalena di dati ufficiali o ufficiosi e, soprattutto, la realtà quotidiana che viviamo qualche dubbio lo fanno venire. E se organismi  lontani  da influenze politiche, come  il rapporto Nilsen o il Censis, sostengono che la”fiducia degli italiani  non vola ed i consumi rischiano una ricaduta “e descrivono un’”Italia  in  letargo”, un “paese dello zero virgola che ha perso il gusto del rischio”, beh!, non mi pare ci sia da stare allegri.

Si può pur comprendere che  il segretario-premier e il ministro dell’economia Padoan  vogliano indurre, seppur maldestramente, all’ottimismo anche per stimolare  a consumi e investimenti  coloro che, invece, alimentano  la bolla del risparmio “cautelativo”, ma  molto  congiura a diffidare  delle parole,  delle promesse e  dell’eccessiva  enfasi   ciò  che è stato realizzato. Gli stessi  dati  ritenuti positivi mostrano un paese spaccato, diviso, con i ricchi più ricchi ed i poveri più poveri e con un  sud sempre più  lontano  economicamente dal  nord.

Ora l’Italia non sarà in letargo come sostiene Renzi  ed ha “tutto   per tornare ad essere una locomotiva. Dopo tre anni  di  recessione  siamo  ripartiti”  nel contempo, però, ha dovuto ammettere  che “alcune previsioni   segnalano  un potenziale  rallentamento  della ripresa. gli  eventi  di Parigi  e  la crisi  dei  paesi  emergenti  non sono buone notizie.” Per  questo “la velocità della crescita dipenderà  adesso  dai  consumi  interni e dagli  investimenti.” Purtroppo gli  investimenti  sono  diminuiti  ed  i consumi  rischiano   un stasi  passate  le  feste di Natale.  Ciò’ che e’ accaduto a Milano e Lombardia è, in proposito,  significativo: con l’expo i consumi  erano aumentati del 4%, ora sono tornati ai  livelli  pre-evento.

Egualmente significativo  e’ il dato della “spesa  grocery”:

Quella  della famiglie più giovani ( 10.5 miliardi di euro) e’ scesa di ben  il 4%; quella  delle famiglie mature (36 miliardi) e’ calata dello 0,4%, mentre e’ aumentata  dell’1.5%  quella ( 37 miliardi ) dei senjor .

Non   mi  pare siano questi  dati  incoraggianti , certo, dobbiamo augurarci che,alla fine, Renzi  e  Padoan abbiano ragione , ma  avere,oggi, qualche dubbio   non  è  essere gufi, significa, semplicemente, essere  realisti. Piaccia o no al segretario-premier, ed ai suoi adepti,  reduci  dalle  celebrazioni della Leopolda.