Oltre sessanta anni di assenza, non è capitato più di passare per Nuchis, piccolo borgo di Tempio Pausania. I miei ricordi si fermavano ai Santi Cosma e Damiano, patroni del Borgo la cui festa ricade nell’autunno dorato della Gallura che profuma di mosto e di uve pregiate come il vermentino ed il moscato.
In tutti questi anni innumerevoli volte è capitato di passare ai margini del paesino, sempre di fretta, senza potermi fermare, almeno per un momento, la bellezza di quel posto, non l’avevo cancellata dalla mia mente, vi erano ricordi di un passato tutt’altro che tristi. Capitava, quando ero un ragazzo gallurese, di transitare: si, transitare, perché a Nuchis si poteva e si può transitare anche senza fermarsi e vedere, conoscere e apprezzare la sua bellezza, eppure io ho sempre evitato di attraversarlo senza rendermi conto di cosa perdevo, a cosa la mia persona rinunciava, riposando la vista di un panorama unico, un quadro indimenticabile, un cameo raro, una terrazza su un angolo di Gallura, quella pura, vera, autentica, incontaminata. Quella Gallura che solo chi la vive o l’ha vissuta, anche per poco, può amare per sempre.
Una telefonata in un giorno qualsiasi: “Avremmo deciso di incontrarci tra vecchi amici, ci sono io, Maria, Bruno, Giovanni, Alessandro, Anna,…Si tutti, ci siamo tutti, se ti fa piacere saremo assieme per una nuova amarcod, però, il passato siamo noi, il presente lo viviamo pensando al futuro. Vorremmo trascorrere una giornata fermando il tempo ad oggi. Cosa ne pensi?” “Cosa ne penso? Sono con voi con vero e sincero piacere”. “Allora, noi avremmo pensato a Nuchis. Prima la S. Messa, poi si va al ristorante dove ci metteranno a disposizione una saletta tutta per noi, saremo in completa libertà”. “D’accordo sarò presente, anzi, non vedo l’ora”.
Chiudiamo la telefonata con Maria dopo aver preso i dettagli dell’appuntamento, ma, mi rimane una curiosità: perché la scelta di Nuchis? Chissà, hanno fatto loro. Con tanti altri posti, perché proprio lì?
Il giorno fissato per l’incontro, arrivo e come sorpresa trovo un paesino, non è quello che ricordavo, non mi ci raccapezzo, sto cercando la vecchia chiesa dei Santi Cosma e Damiano, la confondo con un’altra piccolina che sta al’ingresso opposto da dove sono arrivato, eppure, attraversando il paese non ne ho visto altre, sono fermo, mi guardo attorno, vedo una struttura ricettiva, nuova, elegante, secondo la mia visione di vecchia data, sproporzionata per le dimensioni del paese ed anche per la zona. Penso subito che quasi certamente e li che ci fermeremo a pranzo. Ora, il problema e trovare la chiesa: chiedo ad un passante che mi fornisce le indicazioni per arrivarci, è facile, mi dice: “Segua quell’auto e se la troverà di fronte”. Eseguo e mi trovo su un poggio, vi sono due costruzioni ecclesiali, vedo gente entrare in una prima e, poiché è ora per la funzione religiosa, insieme ad altri, entro, non è la chiesetta che ricordavo, mi sembra una struttura nuova fatta con il solito granito della nostra Gallura, non è assolutamente quella che ricordavo, ma, sono passati tanti anni, forse i miei ricordi sono sbiaditi. Inizia la funzione religiosa e tutti i presenti siamo assorti nella preghiera. Una Messa officiata da un bravo sacerdote, uno di quelli che sa farti partecipare da attore alla funzione. Terminata la messa è il momento che ci si saluta con tutti gli amici. Sono passati un po di anni, alcuni sono chiari nella mia mente, altri, meno, la mia memoria fa cilecca, cerco aiuto, Maria mi aiuta, pochi minuti e sono di nuovo uno dei loro. Tutto questo avviene nel Sacrato delle due chiese, vorrei entrare nella seconda, ma mi attardo, sono colpito dal panorama che si presenta dal poggio: ho di fronte una veduta parziale di Calangianus, lo riconosco subito, è il mio paese! Sulla sinistra Luras, il tutto inserito magistralmente in un contesto della Gallura più bella, suggestiva, dai colori verde scuro dei boschi di sughere sul verde prato e uno sfondo all’orizzonte di un celeste dolce, un contesto riposante, anti stress.
“Dai ragazzi (si fa per dire, ne sono passati di anni dai tempi di scuola, quando eravamo veramente ragazzi), è ora di andare, al ristorante ci aspettano” tuona Maria. Montiamo in macchina e tutti, in colonna, verso il desco mangereccio.
Si, il locale è proprio quello che avevo notato: Ristorante, Bar, Pizzeria “Il Melograno”. Siamo in alta collina, ai piedi del Limbara, il secondo massiccio della Sardegna. Qui la stranezza, quello che non ti aspetti, il ristorante vanta all’ingresso, la sua specializzazione sulla cucina di mare senza trascurare quella tradizionale di terra.
Il primo impatto: si entra in un vano bar che immette nell’hall dell’hotel e da questa si accede ad una grande sala, il ristorante, è già piena, buon segno, tutto fa supporre che la cucina sia, quanto meno, buona. Il nostro gruppo viene fatto accomodare in una saletta riservata dove ad accoglierci una ragazza
che ci offre un aperitivo della casa poi ci invita a prendere posto al tavolo, un desco a ferro di cavallo apparecchiato in modo sobrio, sistemato in modo che tutti fossero in grado di dialogare.
Iniziano a servire, le portate per ora si limitano agli antipasti, certo la parola “limitano” risulta essere un eufemismo, sono tanti, abbondanti, squisiti, vanno dalla classica insalata di polpi, agli spiedini di pesce, attraverso dei moscardini alla diavola sino ad arrivare a dei gustosissimi gamberi lardellati, ma, non potevano mancare le meravigliose cozze gratinate. Un vero trionfo degli antipasti che si concludeva con un qualcosa di terra composto da uno speciale prosciutto di montagna accompagnato da una ottima salsiccia gallurese. Per i primi si è preferito un risotto alla pescatore di ottima fattura dove il riso era solo un buon contorno al pescato;
Per far capire a tutti che la cucina di terra non era certo inferiore a quella di mare lo chef ha fatto servire una tagliata di manzo dove, se manca la maestria, verrebbe evidenziata, la cottura della carne era perfetta anche per il palato più esigente, e, poi, per tornare al mare, una spigola al forno con patate, seguita da un fritto di calamari che il solo guardarli, da soli, erano un invito.
Quattro ore a tavola serviti con la tempistica giusta per tenere sempre l’avventore sulla soglia del piacere della buona tavola. Questo il clima per arrivare ai desserts, piacevole il semifreddo al torrone e, poiché si era di carnevale non potevano mancare le frittelle, tutto accompagnato da ottime bevande, e, per chiudere, un buon caffè.
Che dire? Una giornata bellissima, ciò che ci voleva per quella rimpatriata non solo di persone ma di luogo e di novità, proprio un ritorno a passato, con un presente piacevole, pensando al futuro, quando torneremo al Melograno.