E’ TEMPO DI CONGRESSI. IL PDL FANTASMA – IL FANTASMA DEL PDL

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Un giornale web titola: “ Al congresso Pdl il fantasma di Passera mette in ombra Alfano”. Non conosco Passera se non per le sue virtù riportate della stampa economica e, mai mi sarei aspettato di vedermelo nominato ministro, anche se devo ammettere, in un governo di tecnici, la scelta di Monti non poteva essere più appropriata. Detto questo, pensare che di punto in bianco il partito di maggioranza relativa se lo possa ritrovare leader ce ne passa. Vi  è da dire che quando si viaggia sul nulla o poco più, chiunque può aspirare, poi se questo avvenisse per un personaggio di quel calibro, allora!…

Parliamo un attimo di Alfano. Una bella presenza, una certa spigliatezza nell’approccio ma, nulla nella sua persona convince. Non è colpa sua. In un partito serio, i leader non si impongono e, purtroppo, Alfano ha avuto questa ‘disgrazia’. Berlusconi lo ha investito di un incarico che, da giovane, avrebbe dovuto conquistarsi sul campo, così come avviene in tutti i partiti degni di tale nome. La tragedia, se così la possiamo definire, purtroppo si è auto trasmessa anche alla periferia, contagiandola. Vediamo, infatti, i congressi provinciali che si sono svolti tra sabato e domenica scorsi, nella quasi totalità avevano liste preconfezionate e blindate dove votare aveva un significato simbolico, quasi inutile. Tutto era stato deciso a tavolino, tanto da togliere anche il gusto di partecipare.

Non sembra un buon inizio per pensare ad un partito che possa avere un grande ruolo nel rilancio della passione politica. Il Pdl, ma non solo, anche gli altri partiti, almeno da quanto è dato leggere, hanno lo stesso problema: manca il leader, manca un capo, manca il condottiero. Manca colui che attraverso il carisma riesce a trasmettere, ti trascina. Al fondo tutto manca lo stimolo, manca quella forza ideale che ti brucia dentro, mancano i valori di sana competizione democratica: è totalmente assente la volontà di credere in quel qualcosa che stimola, che brucia dentro, che ti da la carica per partecipare, per lottare per sostenere un ideale superiore, un impegno per la società ed il bene comune. Dove si trova tutto questo? Può essere qualcuno dei capi partito attuali?

Alla ribalta politica si era affacciato Berlusconi: nel ’93, quando il tintinnio delle manette di mani pulite era nelle orecchie dei partiti, la figura del fondatore di Forza Italia sembrava fosse quella giusta a rivestire il ruolo di leader carismatico di una certa parte della società del Paese. L’ansia del comunismo, quel timor antico che aveva per tanti anni agglomerato tanto consenso attorno alla Democrazia Cristiana sembrava aver trovato il salvatore. Per alcuni anni tutto è andato bene o quasi, la sinistra ha fatto decadere il timore di essere divoratrice di bambini, si è potuto constatare che con l’alternanza forse la società poteva guadagnarci sia in libertà che in democrazia.

Berlusconi ha cessato di essere il messia piovuto dal cielo, le sue vicende giudiziarie accompagnate da un sistema di vita qualche volta poco consono con ciò che rappresentava, ne hanno logorato l’immagine sino a farle perdere quasi tutto il carisma, da qui la necessità di trovare chi potesse conservare ed ampliare quello scenario che lui aveva costruito e che in tempi passati aveva dato la carica a tanti che auspicavano il ‘nuovo’. Ecco dove nasce Alfano: nessuno ha avuto il coraggio di opporsi al Capo, nessuno ha voluto spiegargli che non si può essere segretario di un partito per discendenza, che per ricoprire quell’incarico si deve avere il massimo dei consensi: l’ubbidienza al Capo finisce per diventare uno svantaggio, si comincia con i mal di pancia e si finisce con la defezione e, quando si rimane, c’è l’indifferenza, il disinteresse, l’allontanamento. Ecco come si perde la consistenza di partito, quando si perde di vista l’entusiasmo, quando gli ideali vengono sopraffatti  e subentra l’ignavia.

Così come al centro, la periferia. I congressi, si fa per dire, fatti con pochissime presenze e quelle poche rappresentate da autentici yes-man annoiati e insofferenti.

Anche il clero si è accorto dello stato di disagio di una certa classe moderata e cerca di correre ai ripari sollecitando il mondo cattolico all’impegno politico. Per i più giovani forse è bene ricordare che l’ultima volta che il clero è sceso in politica nel 1946 con i Comitati Civici nacque la Democrazia Cristiana e durò cinquanta anni. Oggi i tempi sono cambiati, non abbiamo più Stalin alle porte, oggi il nemico da combattere e lo spread e per farlo c’è bisogno di gente non solo capace ma anche con serie motivazioni e ideali. Chi più della fede può darle?

 

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