Affaritaliani.it titola un suo pezzo di politica “Il Pdl ha perso 1,2 milioni di voti. Silvio insieme a Casini e Veltroni”.
Quel “Silvio insieme a Casini e Veltroni”, mi ha profondamente colpito anche se non sorpreso, anzi, riflettendo non saprei se reputarlo un auspicio, una speranza o una minaccia.
Per quantificare la perdita di consensi, il Pdl non ha certo bisogno dei sondaggi. E’ abbastanza evidente. Il disinteresse dell’elettorato moderato che, altro non è che quella media borghesia tremendamente tartassata e maltrattata, da aver perso ogni interesse alla politica. Il segno più tangibile è dato dallo svolgimento dei congressi provinciali: tutti, nessuno escluso, si conclude nelle proteste per i pochi partecipanti al voto, la massa degli iscritti ha disertato. Le motivazioni delle proteste sono sempre le solite: le decisioni vengono prese fuori dal territorio, le liste sono bloccate e quasi mai sono i migliori scelti a guidare il partito. E’ logico che i benpensanti se ne guardano bene dal partecipare e, il primo segno di abbandono lo si avrà quasi certamente quando si aprirà il nuovo tesseramento per l’anno in corso.
Un crollo verticale nelle iscrizioni sarà inevitabile. Non vi è democrazia, manca un leader, è totalmente assente una dirigenza periferica. Nessuno crede più a niente perché nulla vi è di fronte.
Ecco perché non mi ha sorpreso quel titolo di Affaritaliani.it. Silvio Berlusconi, seppur scosso dagli insuccessi politici di questi ultimi anni, nonché dagli attacchi processuali, rimane l’uomo di punta della politica italiana e nessuno può mettere in dubbio la sua lungimiranza politica. A livello parlamentare Lui è cosciente di avere un esercito di peones, magari con la presunzione di essere politici di primo livello, e sa pure che con quell’esercito non va da nessuna parte. Il rischio che corre è quello di fare un flop storico quindi cosa fare, meglio di trovare quelle alleanze giuste per combattere quella sinistra eterogenea che anche lei non sa da che parte stare, se andare verso quel comunismo camuffato da sigle ecologiste o evolversi in un serio progressismo. Se il sopravvento fosse per il primo caso, allora la cosa più logica sarebbe una scissione ed ecco Veltroni che salta sul carro del centro portandosi dietro tutto il mondo cattolico che è dentro il PD.
Cosa deve e cosa può fare Berlusconi? Aspettare le decisioni della Lega, ed anche quando questa decidesse di stare con il PdL, quale contrappeso gli si potrebbe opporre? Alleanza Nazionale non c’è più, non vi si può opporre nessun diaframma, eppoi anche li le cose non vanno tanto lisce: Bossi, anche lui si sta invecchiando e, anche se nessuno osa mettere in discussione la sua leadership, nel sottobosco si combatte un continua notte dei lunghi coltelli. E, allora? Giocare la carta Monti o, meglio, la carta Passera è la cosa migliore che il momento offra, ed ancor meglio se tutto questo nasce il un contesto che veda coalizzati tutti i gruppi che vanno dai moderati di sinistra di Veltroni sino ai moderati di destra di Berlusconi, passando attraverso il centro di Casini & C..
Ecco perché cade l’ipotesi della “minaccia” e prende corpo la “speranza” e quindi “l’auspicio”. Berlusconi riprenderebbe in mano un partito che al momento è quasi inesistente ma che in una nuova situazione potrebbe tornare ad essere una entità consapevole della sua forza, cosciente che solo così potrebbero nascere programmi veri, solo così si porrebbero le condizioni per tornare alla politica, quella vera, quella che coinvolge, quella che fa sentire all’individuo l’interesse ed il piacere di essere partecipativo nelle scelte, determinante nelle decisioni, cosciente del valore che rappresenta. La speranza è che Berlusconi sia convinto dei propri errori ed abbia l’umiltà di ammettere che, in politica, contrariamente alla politica aziendale, spesso si corre il rischio di non riuscire a creare nuovi leader così come in azienda si creano managers.