Nei giorni scorsi, il collega Luca Rojch scriveva su La Nuova Sardegna-cronaca di Olbia, un articolo un articolo, tra l’informazione e l’ironia. Il titolo: “Stop ai lavori fino a luglio, c’è la gallina innamorata”. Lo stop verrebbe dato al cantiere per la costruzione di un lotto della strada a quattro corsie Sassari-Olbia, dal SAVI (Servizio di sostenibilità e valutazione degli impatti), un Ente, sicuramente voluto per piazzare qualche trombato, composto da quella moltitudine di poco-facenti che imperversano nella nostra bell’Italia.
Questo Ente che, sfido chi mi da qualche prova di averne sentito parlare prima della scoperta di Rojch, sembra abbia poteri di vita e di morte sui cittadini italiani, in ragione della salvaguardia di galline o altre specie che insistono sul patrio territorio.
Quando parlo di vita e di morte dei cittadini, lo dico a ragion veduta: ai difensori della gallina prataiola, alla quale riconosco tutti i diritti di sopravvivenza, fatto salvo quando vi fossero ragioni forza maggiore, bisogna ricordare il motivo per cui lo Stato Italiano sta sborsando tanti quattrini del contribuente per la costruzione di una strada che già per una moltitudine di motivi burocratici ha subito ritardi incalcolabili, si è resa necessaria per il moltiplicarsi di incidenti automobilistici dovuti alla inadatta strada che collega le due città. Questi incidenti hanno provocato un numero altissimo di vittime, parlo di persone, non di galline, che hanno perso la vita, ed ora noi, le nostre Istituzioni, si apprestano a bloccare un cantiere perché qualche genio di questo quanto mai conosciuto Savi, ha deciso che non si debba disturbare l’amoreggiare della gallina prataiola che, almeno quanto afferma l’amico Rojch, nessuno ha mai visto in zona.
Non voglio soffermarmi sul disagio che questo crea all’occupazione in un periodo che anche quando il più piccolo dei cantieri fosse chiuso (di questo dovrebbero occuparsi i sindacati) crea, ma, vorrei conoscere chi va a raccontarlo alle famiglie di chi sulla vecchia strada ci ha lasciato la vita, che una gallina, sia prataiola o altro, potrebbe essere motivo di altre morti e che il “sacrificio” del suo familiare non è servito a nulla, perchè questo Savi che nessuno conosce vorrebbe chiudere il cantiere.
Mi auguro, anzi, spero che l’articolo di Rojch abbia fatto riflettere chi ha il dovere di farlo e decida di mandare a quel paese i signori del Savi. A questi che, a quanto sembra, poco hanno da fare se non rompere l’anima a chi lavora, per accelerare i tempi della costruzione della strada e lasciare il campo libero a tutte le galline perché possano amoreggiare e procreare senza fastidi, proporgli di dare il loro contributo prendendo pala e piccone, coadiuvando quegli operai che dovrebbero, secondo loro, interrompere un’opera che certo non ha bisogno di essere interrotta.
Consentitemi una pubblica riflessione: finchè avremo questi Savi cui rendere conto, il nostro bel Paese non potrà avere buona sorte: il nostro destino, forse il meno sfortunato, rimane il fallimento. A questo punto che dire? Ben venga.
giustus