Benedetti, maledetti sondaggi. Renzi, al rientro dall’Australia ha sicuramente di che riflettere. Il suo governo è sceso al 43% dei sì, perdendo ben 26 punti rispetto a giugno e 13 nei confronti di ottobre. Perde lui stesso 8 punti rispetto a settembre nel gradimento tra i leader, pur rimanendo in testa in una classifica che vede però il leghista Salvini al 30%, il big della Fiom Landini al 28% e una sorprendente Meloni (che qualcuno indica come candidato premier del centrodestra) al 27% e Berlusconi al 20% come Grillo. Perde Lui nel gradimento degli italiani ben 22 punti rispetto a giugno, pur rimanendo in maggioranza: 52%.
Che significa tutto questo? Siamo al “disastro Italia”, unico Paese dell’Ue in recessione e stagnazione insieme a Cipro, con un territorio che va a pezzi, mentre i fiumi esondano, provocando alluvioni disastrose. La colpa, a sentire i politici d’oggi, è tutta degli altri, loro, poverini, non c’entrano, i cattivi sono coloro che li hanno preceduti . Dimenticano i recentissimi vent’anni di guerra, dove loro erano e sono protagonisti, dopo la distruzione dei partiti politici tradizionali con Tangentopoli ed anche con la caduta del “muro di Berlino”.
Certo, il governo Renzi ha minori responsabilità degli esecutivi precedenti del ventennio, ma non può essere del tutto assolto perché è assurdo che, come è stato documentato, oltre due miliardi di lavori per la messa in sicurezza sul territorio siano bloccati e i provvedimenti economici risultino inefficaci quando, come i famosi 80 euro al mese per chi stava già discretamente, addirittura controproducenti se non nei voti acquisiti dal partito del premier. Che, non a caso è in pesante flessione nei sondaggi .e vede avvicinarsi un’eventuale centrodestra ricompattato e capace di ulteriormente aumentare se troverà un leader credibile, pur se, poi, farebbe i conti con le molte differenze che esistono al suo interno, probabilmente superiori anche a quelle del Pd sempre sull’orlo della scissione.
Credo siano, questi sondaggi, estremamente significativi e l’impegno renziano per le riforme costituzionali che, pare interessare scarsamente i cittadini alle prese con problemi come la sempre più grave crisi economica, le tasse che aumentano invece di diminuire, come s’affannano a ripetere a Palazzo Chigi per i famosi 80 euro confermati nella legge di stabilità insieme al lieve taglio dell’Irap. Diciotto miliardi di tasse in meno, ma chi se ne accorge visto che anche coloro che hanno quei benedetti 80 euro al mese ne pagheranno altrettanti, bene che vada, per un incremento di balzelli e balzellini. Mettete, poi, in contro la corsa delle addizionali regionali e comunali con le prime che potranno salire nel 2015 al 3.3% per i tagli del governo e i rientri sulla Sanità, un punto in più di quel che già applicano Piemonte, Lazio, Molise, Basilicata , guarda caso tutte a maggioranza Pd. Altrettanto saranno costretti a fare i Comuni, con tutta probabilità, anch’essi alle prese con i tagli governativi. Comuni alla disperazione nelle zone delle frane e delle alluvioni anche per colpa del patto di stabilità che non consente di usare, pur se li hanno, i soldi per prevenire i danni al territorio o ricostruire argini, pulire alvei dei fiumi, intervenire nelle emergenze.
Sergio Chiamparino, presidente del Piemonte e della Conferenza delle Regioni, è stato esplicito in proposito: “se un sindaco valuta che un’opera è davvero urgente per tutelare la sicurezza dei suoi cittadini, per salvare vite umane, deve poter sforare il patto di stabilità e fare le spese urgenti se ha i soldi. E’ una situazione semplicemente assurda, i sindaci sono furiosi per questo”. Perché, dunque, il governo non interviene invece di limitarsi, come ha fatto Renzi dal G20 in Australia, che “anche nelle Regioni di sinistra vent’anni di politica del territorio sono da rottamare”? Certo, è anche vero e le Regioni di sinistra, oltretutto, sono maggioranza, ma intanto il premier decida che, in questi casi, si può sforare il famoso e assurdo patto di stabilità, oltre a sbloccare con uno dei tanti decreti che fa gli oltre 2 miliardi per la difesa del territorio, bloccati da burocrazia e cause.
Non ci sono solo la nuova legge elettorale e la riforma, da molti contestata, di un Senato, dove si continua a nominare dirigenti: qui siamo ad un disastro vero e proprio e non solo per alluvioni e frane, ma anche e, per certi versi,soprattutto per stagnazione, recessione, depressione. Il costante aumento della violenza, ad iniziare dalle periferie delle grandi città, gli scioperi, quasi quotidiani, contro le politiche governative con ripetuti scontri con le forze dell’ordine e, certo, tra chi protesta ci sono infiltrati che vogliono il caos, tutto questo è il segnale di un profondo malessere che non può essere ignorato. E che non si risolve trattando a pesci in faccia i sindacati che incalanano democraticamente le contestazioni. Perché se cade anche questo argine, dinnanzi alla devastazione dell’Italia s’apre la strada alla rivolta. Continuare a dare la responsabilità di quel che accade solo agli altri aggraverebbe la situazione perché sarebbe la guerra di tutti contro tutti. La conseguenza sarebbe la distruzione di tutto il molto che di positivo è stato pur costruito nei 68 anni della Repubblica Italiana.
Auguriamoci che lo si comprenda. E, per questo, continuiamo a seguire l’invito di Papa Francesco: “Non lasciatevi rubare la speranza”!
giustus