E’ iniziato , nel PD, l’assalto a Zingaretti con il sindaco di Bergamo Giorgio Gori, dem molto popolare (e molto amico di Renzi) che, in una pubblica manifestazione ha detto: “vedo molti limiti nella conduzione dell’attuale partito. Se vogliamo incidere serve un altro PD, più concreto, più volto a promuovere le riforme per il Paese e, quindi, serve una nuova leadership”, precisando “che non sarò io, ma darò una mano”, servirà un amministratore. A molti è sembrata una indicazione per Stefano Bonaccini che non pochi vorrebbero a capo del Nazareno per sottrarre i dem dalla sudditanza nei confronti del M5Stelle e di un premier al quale piace, per cercare di stare in sella, la tattica del rinvio e che nega di voler fare un suo partito, ma intanto qualcuno lo prepara, fidandosi del patto segreto Conte-Renzi e sperando in un grande centro. E si dimentica che quel Renzi lì ha preparato al premier un bel trappolone con il miraggio, per “l’avvocato del popolo” di andare a fare il nuovo inquilino del Quirinale.
Ovviamente l’uscita-provocazione di Gori ha dato fuoco alle polveri, considerando il sempre più vasto malcontento che esiste nella base dem, costringendo i big a difendere a parole Zingaretti con una pioggia di interviste che ha indotto qualche osservatore a scrivere che il sindaco di Bergamo è isolato perchè nemmeno la corrente di Base riformista capeggiata dal ministro Lorenzo Guerini (ex-dc, tra i possibili sostituti di Conte) e da Luca Lotti, renziani rimasti come molti altri nel Pd come il presidente dei senatori Marcucci che, comunque, ha subito risposto alla prima ironica e poi irata dichiarazione del capo delegazione dem al governo, il ministro Dario Franceschini, sostenitore dell’alleanza strategica con i grillini (“informo volentieri Gori che un segretario con le caratteristiche che ha disegnato ce l’abbiamo già e che il mandato a Zingaretti scadrà tra tre anni: Quindi porti pazienza e non apra tensioni in un momento come questo di unità nel partito”).
Marcucci ha detto subito: “Si può mettere in discussione la segretria del partito: Non è un tabù e non esiste lesa maestà perchè noi siamo un partito dove ognuno può dare il suo contributo di idee e proposte, ma oggi sono altre le priorità.” E quella più evidente per il capo dei senatori dem è “spingere il governo ad un’azione incisiva, esercitando anche il diritto di critica nei confronti di Conte per tenere la barra dritta e correggere il tiro qualora serva come abbiamo fatto per gli Stati Generali”. In sostanza non mi pare prendere proprio le distanze da Gori, considerando anche che se “non è questo il momento di parlare di leadership ” Marcucci aggiunge: ” apprezzo molto il sindaco Gori lo reputo capace di amministrare bene la sua comunità e di esprimere idee innovative e utili per il partito, ma non è ancora il momento di mettere in discussione la leadership.” Ma di fatto è già in discussione se lo stesso Bonaccini, che molti vorrebbero come segretario, si barcamena, dice e non dice: “Se il Pd vorrà io sono sempre pronto a dare il mio contributo, ma ripeto che faccio il Presidente di Regione”. E ancora : “segretario del Pd? Io sono molto impegnato a fare il presidente della Regione e il presidente della conferenza delle regioni. Il mio contributo al partito credo di averlo dato vincendo una sfida che anche a Roma quasi tutti davano per persa, dimostrando che dopo tante sconfitte, non era vero che Salvini e la destra erano invincibili.” Non mi pare sia un panegirico per Zingaretti che riteneva persa l’Emilia Romagna, venendo da tante sconfitte. E non è un caso che lo stesso Bonaccini, tirato spesso in ballo dagli ex-renziani del Pd, e dinnanzi alle fibrillazioni tra i dem con il sindaco di Pesaro Matteo Ricci che ha difeso a spada tratta Zingaretti, sostenendo anche che il segretario da grande spazio agli amministratori, abbia sottolineato: “Serve un gruppo dirigente più robusto attorno a Nicola Zingaretti per dare una mano al governo e avere un Pd protagonista. La fase che attraversiamo è critica, serve maggiore rappresentanza dei territori.” Critiche esplicite, queste, che danno forza alla presa di posizione di Gori che non è stato zitto, replicando a chi l’ha criticato, l’ultimo Goffredo Bettini, consigliere di Zingaretti” (“chi lo attacca è ingenuo o fa il gioco dei sovranisti”) e riproponendo il congresso di un Pd troppo “accondiscendente ” e “rassegnato” verso i grillini e l’assise va fatta prima possibile “perchè in autunno potrebbe essere troppo tardi per salvare il Paese” e perchè “con Zingaretti nessuna svolta, stiamo perdendo la nostra identità di partito riformista ” e “vedo ritornare vecchi pregiudizi anti-impresa e l’idea dello Stato imprenditore”. Gori critica anche l’alleanza strategica con il M5s (“collaborare al governo non significa alleanza strategica”) ed a Franceschini che l’ha accusato di aprire “inutili tensioni” risponde: “Dario mi ha risposto con insolita veemenza. Non voglio alimentare nessuna tensione, ma qui mi pare che qualunque iniziativa rischi di smuovere l’attuale equilibrio sia vista come un pericolo. Un pò troppo, no?”
E che non siano “inutili” le proposte di Gori è dimostrato da una ritrovata iniziativa di Zingaretti che, archiviati gli Stati Generali che non portarono certo fortuna a chi li organizzò in Francia, ora suona la carica, spronato evidentemente dagli umori della base alla quale il sindaco di Bergamo ha dato voce. Così , insieme ad Italia Viva chiede: “Palazzo Chigi agisca subito, basta rinvii,” e basta veti grillini sibila Matteo Renzi che vuole e subito lo sblocca cantieri. In sostanza -come ha sintetizzato, virgolettando il “Corriere della Sera” “PD e IV” Ricreazione finita, i soldi ci sono, senza fatti concreti governo spazzato via”. In verità, i soldi ancora non ci sono e nemmeno tutti i decreti attuativi dei vari Dpcm.
In tutto questo caos con le voci e le polemiche tra alleati sul taglio dell’IVA , col rischio di pagare una super penale miliardaria alla società autostrade alla quale Conte vuol togliere le concessioni, con l’ex-Ilva che non si sa come va a finire, con una ministra dell’istruzione che non sa come far partire l’anno scolastico, facendo disperare famiglie e presidi, con il presidente dell’Inps (ma quando lo sostituiscono per palese incapacità gestionale ?) che alla fine è costretto ad ammettere i ritardi nella Cassa integrazione; in tutto questo Matteo Renzi prepara il botto che ritiene faciliti la sua strategia, ma anche lui se aspetta troppo rischia di imitare l’altro Matteo, ossia Salvini che credeva di mandare a casa Conte ed andare al voto anticipato ed invece si ritrovò con il Conte-2 a sinistra.