Non mi sono mai lasciato ingannare dalle apparenze e continuo a non farlo neppure ora. Matteo Renzi seppur definito da Piero Ostellino, editorialista del Corriere della Sera di cui è stato Direttore, “Renzi, ambiziosetto, senza cultura politica, fosse anche intelligente avremmo il Duce”, e questo per me è la conferma, è senza ombra di dubbio un gran furbacchione, qualche svolta spregiudicato, sino a rasentare la scorrettezza, ma sempre calcolando le mosse successive. Non mi faccio neppure ingannare dai cori sulla sconfitta di Silvio Berlusconi per tutta “l’operazione Quirinale”, la verità, secondo me, è un po’ diversa. Quell’operazione non solo è stata concordata tra i due, ma forse, addirittura, suggerita dall’ex-Cavaliere. Mi si osserverà: ma Berlusconi non proponeva Amato? Solo facciata. Non si deve mai dimenticare che fu proprio Amato il primo a tradire Berlusconi: proposto per un breve governo elettorale, scaricò l’ex cavaliere e passò al nemico. Secondo me, forse sarà pure fantapolitica ma le cose potrebbero essere andate così: Lui, attraverso il suo antico e segreto solidale Massimo D’Alema. Questi, per primo, ha proposto la candidatura di Sergio Mattarella, subito appoggiata da Pierluigi Bersani eppoi applaudita anche da tutta la sinistra Dem, suscitando l’entusiasmo e le lacrime di un avversaria dei renziani come Rosy Bindi che è corsa persino ad abbracciare il premier .
Come dicevo, tutto si può dire di Matteo, ma non che sia un ingenuo o uno sprovveduto. Sapeva bene che candidare il giudice della Corte Costituzione avrebbe fatto rialzare la testa, com’è poi avvenuto, della sinistra interna con la richiesta di cambiare le riforme, ad iniziare dalla legge elettorale, mettendolo in difficoltà anche a livello governativo per l’opposizione degli alfaniani ai cambiamenti e, di fatto, nelle mani dei Cuperlo, Fassina e di Sel per le riforme non avendo più il sostegno, spesso determinante al Senato, di Forza Italia. Quello del premier sarebbe stato un clamoroso autogol, non una vittoria.
Il Patto del Nazareno”, però, regge, anzi s’è rafforzato, com‘era nelle intenzioni dei due big. Non è un caso che lo stesso Renzi abbia detto: “dire che Grillo e Silvio Berlusconi sconfitti è una lettura in politichese”, specificando, inoltre, che “alla Camera Forza Italia non è importante dal punto di vista numerico, ma come idea di riforme condivise e credo continui a starci”, ovviamente al Patto, pur aggiungendo che “noi comunque andremo avanti”, tanto per dare un contentino agli oppositori interni. E a chiarire definitivamente la situazione e rispondere a Bersani (“Renzi non può ora pensare di aver chiuso la pratica .alla Camera vorremo migliorare la legge elettorale”) ha pensato il braccio destro del premier , ossia il sottosegretario alla presidenza del Consiglio Graziano Del Rio, Leggete queste sue dichiarazioni: “Non esiste alcun metodo Quirinale, l’elezione di Mattarella non è stata la prova generale per altre operazioni politiche. Su Italicum e riforme non cambia nulla”. Tradotto significa: niente svolta a sinistra, rimane il Patto del Nazareno.
Berlusconi, dunque, non esce affatto sconfitto dall’elezione di Mattarella, che lo ha addirittura invitato alla cerimonia di insediamento, anche perché non ha fatto mancare i 70, tanti sono calcolati, franchi soccorritori per supplire ai franchi tiratori che, nonostante gli accorgimenti di fanfaniana memoria, ci sono stati anche se in misura minore, circa una trentina dem, più una parte del Nuovo Centro Destra, che è stato messo all’angolo dal premier e l’ex-Cavaliere e si trova, oggi, nel caos.
Accennavo agli accorgimenti anti-franchi tiratori, merita citarli. Imitando quel che avvenne, in quel caso con scarsa fortuna, in una elezione presidenziale alla quale puntava Amintore Fanfani, i grandi elettori pro-Mattarella sono stati divisi in blocchi : i deputati dem aveva ricevuto sui cellulari l’ordine di votare solo Mattarella, i senatori Sergio Mattarella, i 60 “giovani turchi”, sospettati di simpatie per altri on. Mattarella Sergio e così via gli altri con aggiunta di prof., di prof. on. Probabilmente non c’era nemmeno bisogno di questo marchingegno da vecchia politica e, infatti, i franchi soccorritori sono stati, comunque, aggiuntici. Franchi-soccorritori organizzati soprattutto da Verdini e Gianni Letta e vi pare che questi due stretti collaboratori di Berlusconi l’abbiano fatto senza il consenso del Capo, che, guarda caso, alle 9 del mattino dell’elezione presidenziale aveva telefonato a Mattarella per dirgli che una parte dei miei ti voterà?
Altro che sconfitto l’ex-Cavaliere .Che è stato addirittura invitato all’insediamento presidenziale proprio dal neo-eletto e che ha riacquistato parte dell’agibilità politica poiché il giudice gli ha dato, nonostante il parere contrario della Procura, uno sconto di pena e,quindi, non dovrà più andare ai servizi sociali. Chi, invece, si trova in grande difficoltà è Angelino Alfano che ora cerca di recuperare, facendo la voce grossa con Renzi (“non avremo prudenza né paura nel far valere i nostri argomenti. Abbiamo già dimostrato di possedere forza e coraggio per rotture faticose”), annunciando che su Jobs Act e banche popolari gli alfaniani daranno battaglia.
Il premier, però, sembra proprio non considerarli, forte dell’intesa con Berlusconi, dicendo: “Chi deve leccarsi le ferite lo faccia, non c’è bisogno di discussioni politiche… fanno vecchia politica. Siamo qui a governare l’Italia, non a perdere tempo con i partitini e ricompattare le alleanze interne.” Dichiarazioni, queste, che danno forza ai dissidenti NCD, in testa Quagliarello , Cicchitto, il ministro Lupi (candidato sindaco a Milano per il centrodestra?) e i dimissionari dalle presidenze dei gruppi De Girolamo (Camera) e Sacconi (Senato), mentre hanno rassegnato le dimissioni con l’intenzione di lasciare il partito anche la portavoce Saltarini e il tesoriere Maurizio Bernardo. Critico con Alfano anche il segretario dell’Udc Cesa, unito nei gruppi parlamentari al Ncd nell’Alleanza Popolare. Non mancano le pressioni perché Alfano si dimetta da ministro della Difesa, ma questo anticiperebbe forse troppo un processo che, contenuto nel Patto del Nazareno, prevede l’ingresso di Forza Italia nel governo com’è era con Enrico Letta premier.
Di certo l’”operazione Quirinale” che, dopo molti anni, ha visto il ritorno di un democristiano al Colle, facendo risorgere antiche nostalgie, porterà indubbie novità sulla scena politica. Di certo ricreerà uno stretto collegamento con gli Stati Uniti, oggi un po’ appannato per quella che i democratici americani ritengono un’eccessiva vicinanza di Renzi alla Merkel. Il nuovo inquilino del Colle è ben visto dai circoli Usa e, in particolare, dai repubblicani che, con Jed Bush, appaiono favoriti per la successione ad Obama. Non va dimenticato, infatti, che Mattarella era vice-premier di D’Alema e ministro della Difesa quando il 24 marzo del 1999 autorizzò gli aerei italiani a bombardare Belgrado e la Serbia, come aveva deciso il precedente governo Prodi , in ossequio all’Alleanza Atlantica, ma non rispettando la Costituzione che prescrive di dover dichiarare guerra ad un Paese prima di iniziare un’azione bellica.
Comunque sia, ora per Matteo Renzi viene il difficile nell’attuazione della sua strategia. Silvio Berlusconi dovrà, sì, affrontare problemi all’interno di Forza Italia , ma è probabile (visto come la Boschi ha difeso l’emendamento alla delega fiscale e l’invito al Quirinale per l’insegnamento del neo-eletto quasi anticipazione di una eventuale grazia) il ritorno alla completa agibilità politica all’ex-Cavaliere che favorirebbe il recupero dell’unità interna anche con l’arrivo di alcuni ex-alfaniani e la prospettiva di futuri, ma non lontani incarichi di governo. Il problema, invece, è per il premier che dovrà affrontare non pochi scogli e continua a perdere consensi.
Sì, questo febbraio, che i saggi definiscono “corto e maledetto”, appare proprio un mese decisivo. Soprattutto per Renzi, il suo governo e il futuro Partito della Nazione anche perché sulla via di un rimpasto guidato o di elezioni anticipate c’è, sullo sfondo, il fantasma di un Esecutivo d’emergenza guidato da un deluso Giuliano Amato, inutilmente sponsorizzato per il Colle dai democratici americani.
giustus