ITALIA, QUALE FUTURO?

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Oggi quanto abbiamo trovato sulle prime pagine dei giornali dovrebbe farci ben pensare sul futuro che aspetta il nostro Paese, non è poca cosa essere fuori dalla asfissiante sorveglianza speciale cui ci aveva sottoposti la Comunità Europea con la procedura d’infrazione in atto sin dal 2009. Questo non dovrebbe però a farci adagiare sugli allori, sono ancora in molti, in Europa ed anche nel nostro Paese a voler mettere il bastone fra le ruote per bloccare la cancellazione dell’IMU sulla prima casa e sull’aumento dell’IVA. Questi due provvedimenti, senza i quali il rilancio dell’economia è a rischio così come rischio sarebbe per il governo se quei provvedimenti non vedessero la luce.
L’altra notizia che ha occupato i posti d’onore delle prime pagine dei giornali è il crollo della partecipazione al voto. Non è cosa di poco conto: se il cittadino non va a votare, dichiara la sua disaffezione alla politica e, quindi, alla vita del Paese. Non cosa di poco conto. Per un momento cerchiamo di immaginare quali catastrofiche conseguenze potrebbe causare: un esiguo numero di scalmanati che concorre al voto potrebbe prendere una maggioranza fasulla ed occupare legalmente il potere. E’ vero che è passato quasi un secolo ma l’Italia quell’evento lo ha conosciuto e vissuto, le generazione che lo avevano determinato ora non ci sono più, ma le conseguenze sono in molti a ricordarle ed anche le nuove generazioni le conoscono attraverso i libri di storia e non credo abbiano voglia di vederle ancora sulla propria pelle. D’altra parte gli elettori moderati si sentono quanto mai tartassati e la loro protesta la manifestano, sbagliando, attraverso l’indifferenza. Forse una maggiore riflessione sull’importanza del voto, nella scelta a chi darlo, sarebbe la cosa migliore. Dare il voto ad un partito, quello che rappresenta ancora un minimo di fiducia, sostenerlo, può dargli quello stimolo, quella forza per affrontare quei provvedimenti indispensabili al rilancio del Paese.
La politica sta già attraversando un momento critico, anzi direi che i partiti sono in panne, sono loro che non riescono più a determinare la politica, in particolare, di questi ultimi vent’anni di devastante “guerra politica” e di governi di coalizione che non funzionano per i condizionamenti dei partiti e l’esistenza di forze politiche senza radici e divise al loro interno -mi riferisco principalmente al Pd e al Pdl, :il primo ha cercato, invano, di assemblare i contrari ( ex-dc, ex-pci) ed ora è alla soglia dell’implosione dopo le molte defezioni; il secondo ha unito tradizioni diverse grazie al carisma del suo leader Silvio Berlusconi, ma ha già subito scissioni e senza il Cavaliere sarebbe già imploso. Bisogna uscire da questa politica, ormai i partiti di massa, come insegna il filosofo francese Bertrand Marin che i partiti-apparato, di massa, sono finiti, superati da quelli “leggeri” e conta la leadership perché gli elettori guardano al numero uno, non al partito che lo esprime, dunque si afferma un rapporto diretto tra cittadini e capo del governo. Non è un caso se proprio Renzi viene indicato, in tutti i sondaggi, come il Presidente del Consiglio ideale con punte altissime anche nel Pdl e maggioritarie in Scelta Civica e perfino in Sel . Pensate che anche quasi il 50% dei 5 Stelle è a suo favore.
Ecco, se si da corpo a questa ipotesi, torna in campo il perché Renzi non voglia concorrere alla conquista della segreteria del partito, un partito rissoso, sull’orlo della scissione e nel quale in molti nemmeno lo sopportano per guidare un governo sostenuto da più forse politiche ognuna delle quali porrebbe condizioni e veti? E se una prima parte della missione renziana fosse quella di spaccare il Pd in modo che se ne esca l’ala più a sinistra che vede in Vendola un alleato preferenziale ?
Comunque sia, rimane il fatto che anche con una nuova legge elettorale tale da ricalcare i vecchi schemi,ad iniziare da quelli da “prima repubblica”, non ci sarebbe alcuna garanzia di governabilità ed anche un leader forte troverebbe difficoltà come s’è visto con la grande maggioranza di cui disponeva Silvio Berlusconi. Renzi non vuole bruciarsi su questa via ed ha giocato la carta del”sindaco d’Italia”, cioè di una vera riforma di sistema, basata sull’elezione diretta del premier, l’unica che garantisca una governabilità certa, sia con il sistema semi-presidenziale alla francese sia con quello americano, tout court presidenziale.
La sinistra italiana ha sempre definito reazionaria questa soluzione, dimenticando i presidenti socialisti d’0ltr’Alpe, e il sindaco di Firenze sa benissimo che da segretario , costretto alle mediazioni, gli sarebbe stato difficile imporre questa riforma elettorale per lui fondamentale.
Quando ha riproposto l’idea del “sindaco d’Italia”, sull’esempio del sistema elettorale che ha ben funzionato per i Comuni, subito dal Pdl e da Scelta Civica è venuta una risposta positiva , mentre il neo-segretario del Pd Epifani l’ha accolta positivamente, rilanciandola. E la sinistra interna, per il momento, non ha fatto fuochi di sbarramento, forse ritenendo la proposta non attuabile dovendosi fare una riforma costituzionale.
Renzi , però, nel dare il suo sostegno al governo Letta , con il quale ha fatto un patto quasi generazionale, certo di cambiamento, ha parlato di un anno, un anno e mezzo prima di tornare alle urne essendo usciti dall’emergenza. Guarda caso proprio il tempo necessario per mettere in costituzione il “sindaco d’Italia”.
Un anno-un anno-e-mezzo di tempo farebbe anche evolvere la situazione politica. Non v’ha dubbio, infatti, che se il governo Letta funziona, come c’è da sperare, i grillini si sgonfierebbero come accadde all’Uomo Qualunque di Giannini, mentre la sinistra Pd sentirebbe sempre più la sirena Vendola. Renzi avrebbe, così, la via aperta ,inserendo alla guida del partito un suo amico .E se nel Pdl, Silvio Berlusconi facesse un passo indietro, o fosse nominato senatore a vita, determinando l’immancabile l’implosione di questo partito, sarebbe questa un’altra importante novità. Aggiungiamo poi che nei prossimi tre mesi sapremo se possiamo o no uscire dalla crisi. Sapremo, in particolare , se tecnologia, finanza etica, spiritualità e integrazione etnica, ossia i quattro pilastri di un nuovo sistema e di un nuoco Stato, hanno vinto sulla violenza, sulle manovre di chi cerca di impedire l’affermazione di un mondo migliore. Dinnanzi a tutto questo perché Matteo Renzi dovrebbe anticipare i tempi della sua carriera politica? Lui ha sempre avuto lo sguardo rivolto al futuro, non al passato. Certo può commettere errori, ma è, al momento, davvero l’unica speranza per il domani che ci rimane.