Pubblicata da un “amico” sul social per definizione, ho letto con grande interesse una analisi scritta dall’On. Pietrino Soddu su Aldo Moro in occasione del centenario della sua nascita.
Un grande personaggio che mi viene difficile poter dire di aver avuto il privilegio di averlo conosciuto. Per onor di verità devo dire che i mio primo impatto non fu tra i migliori. Era, allora, Segretario della democrazia Cristiana, quella che faceva i corsi di formazione per preparare i giovani alla vita del Partito. Alla Camilluccia, dove si teneva il corso, per la chiusura del corso venne lui, prese la parola e, con la sua voce calma, flebile ed un po cantinelante, ci tenne li, inchiodati, per circa sei ore: lui a parlare e noi -giovani- a soffrire, lui a parlarci di valori, di sociale, di sviluppo, di progresso e noi, quasi tutti, a trattenere, soffocandolo, lo sbadiglio. La maggior parte dei partecipanti non capimmo molto di quella lezione, lui però sapeva, aveva notato le nostre distrazioni e, senza annunciare nulla, a corso terminato ci vedemmo recapitare a casa una copia di quella lezione. Questo era Aldo Moro.
Negli anni mi è capitato diverse volte di incontrarlo ma, mai di potergli parlare. Fu solo poco prima del suo “sequestro”, durante le chilometriche riunioni parlamentari che si tenevano al Gruppo della Camera per il “Compromesso storico”, Piccoli era allora Capogruppo ed io nella sua segreteria, Moro, abituato a camminare, ogni tanto usciva dalla riunione e veniva nella stanza che era adiacente alla sala del Direttivo, si intratteneva raccontando qualche aneddoto. In quei giorni ho scoperto un Moro brillante ed anche un po ridanciano. Iu uno di quei momenti un pomeriggio gli ricordai di quella lezione, mi guardò sorridendo e disse: “Sono stato cattivo con voi ma io quelle cose dovevo dirle e voi ragazzi siete state le mie vittime”.
Le sue lezioni sono tornate attuali e la sua morte ci ha indicato che era arrivato il tempo in cui era impossibile, per l’Italia Euromediterranea, gestire la continuità della rotta dei rapporti internazionali definiti dagli accordi di Yalta dal dopoguerra e, durati ed efficaci, tra alterne vicende, fino agli anni ’80.
Tale avvenimento è stato vissuto, dalle forze politiche e dalla classe dirigente del tempo, come una conseguenza delle lotte di potere interne ed ha quindi dato luogo alla formazione di una nuova classe dirigente politica che, in vario modo, ha tentato di gestire un periodo di grandi trasformazioni internazionali con la miope visione di una lotta di potere interna.
Tale situazione ha portato i dirigenti del tempo a gestire, col solo sguardo al consenso democratico, in modo subalterno e spesso incomprensibile, il declino di un sistema politico e sociale che oggi ha in sé i prodromi di una decomposizione violenta.
La miopia della classe dirigente di quel tempo, ed i suoi infiniti peccati di omissione, ha portato alla formazione di quella degli ultimi 20 anni. Essa fu gravemente colpevole per due motivi:
- Perché non seppe leggere i segnali del cambiamento che già erano evidenti in alcuni fatti, tra cui i tentativi vari di golpe, i moti del 69, il ruolo della magistratura con tangentopoli e le successive crisi economiche tamponate con lo spostamento finanziario del sistema socio-economico che prolungò, artificialmente, la durata del sistema di benessere e privilegi gestito col welfare e con la spesa ed il debito pubblico.
- Perché non seppe concorrere alla formazione di una nuova classe dirigente all’altezza del compito, esprimendo solo pateticamente la coda lunga della decadenza del sistema con la permanenza di alcuni superstiti “alieni”, raccoglitori di piccoli privilegi, nel nuovo sistema politico.
Il combinato disposto di queste situazioni ha portato alla formazione di una classe dirigente politica, in continuo ed incomprensibile movimento, che ha gestito il declino di una situazione segnata oggi anche da emergenze che la appesantiscono ed accelerano il declino con esiti che possono essere violenti ed incontrollati.
Certo, ci ricorda l’On. Soddu che “mai Moro avrebbe usato parole come asfaltare, rottamare, fare i conti, non avrebbe irriso facendo diventare ogni convergenza un “inciucio”, Aldo Moro -prosegue L’On Soddu- non avrebbe mai pronunciato queste parole neppure per condannarle”.
Ma intanto il mondo va avanti e pone, nel suo procedere, continue problematiche che, se non affrontate, allontanano le persone dall’applicazione delle regole a cui adattarsi, non con paura, ma con la speranza di ottenere indicazioni per gestire il futuro.
La risposta della attuale classe dirigente a questa situazione è quella di un continuo rilancio della scelta democratica delle elezioni come risolutiva, senza spiegare come il solo cambiamento possa essere risolutivo senza i contenuti che lo accompagnano e lo giustificano.
Questa è la crisi vera che rischia di far precipitare la democrazia verso derive populiste e di violenza, come già accaduto con il referendum dove ha vinto il “NO”, che esprimeva più un’avversione, quasi inconsapevole, a tutto, quasi un rigurgito di anarchismo, senza la definizione degli obiettivi a cui si tende.
Il “NO” espresso espresso al referendum si è trasformato in un “NO” a questa classe dirigente, senza sapere a cosa possa servire quella futura.
Dunque questo gioco costosissimo della democrazia ripete errori del passato, spostato com’è su un valore negativo del consenso che continua ad accreditare errori le cui conseguenze sono difficilmente prevedibili.
Fermare questa deriva significa oggi dare contenuti, non alla battaglia politica, ma la necessaria informazione sui fenomeni internazionali che determinano sempre più la nostra esistenza.
Solo così la politica potrà riscattarsi della sua inutilità ed esprimere una classe dirigente non legata solo alla gestione del consenso, attraverso modalità e strutture obsolete, ma esprimendo una ricognizione dei sistemi che regolano e regoleranno la società, con la progettazione delle modifiche necessarie al sistema istituzionale capaci di assecondarli.
Ci pare difficile immaginare che questo ruolo lo possano interpretare le attuali forze politiche, ma dobbiamo contare sulla speranza che la conoscenza dei fenomeni possa contribuire a generare, nelle varie comunità locali, la consapevolezza che esse possono concorrere a questo nuovo processo, indicando i temi operativi sui quali si possono impegnare per concorrere al cambiamento, chiedendo con determinazione al sistema politico di annullare quegli “attriti” o forze negative che spesso impediscono l’insediamento locale delle novità delle azioni possibili.
Questa potrebbe essere la stagione del “NO” a tutto ciò che frena l’insediamento del nuovo che hanno distrutto il sistema, in nome di antiche anomalie, e che oggi permangono in un dibattito politico fatto di odio e stupidità per coprire il nulla.
Occorre una forza non insediata nel vecchio sistema di gestione del declino, ma capace di una forte iniziativa nei nuovi sistemi di geopolitica che contribuiscono in modo determinante, anche se ancora conflittuale, alla evoluzione del mondo.
Le anomalie che oggi perdurano e sono superate dai nuovi flussi, che governano il mondo, ed incidono sulla nostra vita sono: il benessere gestito e governato con enormi spese dallo Stato che priva le Comunità Locali dell’autonomia necessaria alla loro gestione ed alla partecipazione attiva degli Utenti.
Voglio chiudere con le parole dell’On. Soddu: “Questo è quel che dice ancora a distanza di tanto tempo la voce di Aldo Moro che parla agli uomini e alle donne di questo tempo anche a quelli e a quelle che rifiutano il passato e pensano che esso sia tutto da buttare”.