Matteo Renzi ci ha ormai abituato alle giravolte, ai cambi repentini e inattesi di posizione e di strategie. L’ha fatto sul piano interno sia con l’Italicum, -prima: “non si tocca”, poi: “ si può cambiare”,-,sia con le varie altalene legate al referendum costituzionale: “mi dimetto se vince il “no””, quindi contrordine “rimarrò, comunque, a Palazzo Chigi”, “ di nuovo “vado a casa”, infine, con il “sì” sempre più incerto ecco: “rimarrò comunque, non avete detto che non dovevo personalizzare il voto ?”.
L’ha fatto, clamorosamente, a livello internazionale, lì al recentissimo vertice europeo di Bratislava, rompendo l’alleanza con la Merkel e Holland solennemente rilanciata, in grande pompa e grandi dichiarazioni, poco tempo addietro a Ventotene nel nome di uno di padri della Patria, ossia Altiero Spinelli.
La rottura è stata pesante per il modo in cui è avvenuta e per le durissime affermazioni, ufficiali e semi-ufficiali, del nostro premier che ha, di fatto, dato del servo dei tedeschi al suo ex-grande amico presidente francese con il quale era stato a braccetto nel vertice dei socialisti mediterranei ad Atene. “Non può trattarmi così – ha detto riferendosi alla Cancelliera- gli altri sanno solo obbedire” ed in quegli “altri” c’è soprattutto un Holland che ha risaldato l’asse con i tedeschi , concordando la conferenza stampa con la Merkel per illustrare i risultati del vertice, a loro avviso in maggioranza positivi. Tanti saluti a Renzi, invitato a cose fatte solo all’ultimo momento, suscitando la sua ira. Così ha detto no ai due leaders ed ha fatto un suo briefing, sparando a zero soprattutto sulla Germania che “non rispetta le regole e il fiscal compact” che ha imposto “non funziona”. Quindi, giù attacchi a ripetizione sul flop, a suo avviso, del vertice di Bratislava, la nessuna decisione sui rifugiati, sulla crescita, in sostanza raffiche anche contro i vertici Ue, aggiungendo: “io faccio il buono solo se mi danno ciò che mi serve, non faccio figuracce per colpa loro” e via su questo tono. A mezza bocca anche una larvata minaccia: “il 18 ottobre, due giorni prima del vertice di Bruxelles, vedrò Obama ed avrò la sua sponda.”
Da Berlino gli hanno immediatamente risposto: ma se era d’accordo su tutto!, dimenticando che il nostro segretario-premier, sempre più in difficoltà in Italia con persino la Confindustruia che rivede al ribasso le stime Pil 2016-17, sta giocando, in Italia, una difficilissima partita con il referendum costituzionale e, quindi, scegliere una strada momentaneamente populista, quasi imitando un Salvini leghista, gli fa sperare qualche voto in più, strappato agli anti-europei e anti-Merkel-austerity.
Ho l’impressione, però, che commetta un altro errore sia perché non è affatto credibile agli occhi dei populisti italiani, sia perché difficilmente avrà dalla Ue quelle aperture che chiede per tentare di avere risorse in più per una manovra economica dal sapore elettoralistico. Aggiungete che l’appiattirsi su un declinante Obama, non certo amato al pari della Merkel dagli anti-Ue italiani, non credo gli faccia ottenere con il rischio di perdere quelli già acquisti di parte degli europeisti.
Gli italiani, indubbiamente, sono abituati alla non coerenza dei nostri politici, ma non sopportano affatto le esagerazioni perché finiscono per non capire più cosa voglia davvero un loro leader. Forse Matteo Renzi non dovrebbe pendere troppo dalle labbra del consulente americano, ingaggiato a suon di dollaroni per la comunicazioni. La DC fece lo stesso errore molti anni addietro quando l’allora responsabile Spes Bartolo Ciccardini ricorse ad un gurù della comunicazione Usa che coniò il famoso “La DC ha vent’anni”. Con arguzia italica, sotto i manifesti apparve la scritta “Ed è già puttana” con il risultato che i democristiani persero un bel po’ di voti. Sì, perché l’ironia in politica è micidiale, se ne ricordi Matteo Renzi con le sue giravolte.