Credo sia chiaro a tutti lo stato di difficoltà in cui si trova Matteo Renzi. “Vogliono pugnalarmi alle spalle” dice Matteo Renzi, riferendosi alla sinistra Pd e, forse,anche a quei “poteri forti” d’Oltreoceano che , da tempo, lo hanno abbandonato. Di certo c’è che la mina Cofferati ha fatto rialzare la testa agli oppositori interni proprio alla vigilia dell’elezione del nuovo Capo dello Stato.
L’obiettivo è distruggere il “Patto del Nazareno”, mandare al Quirinale Romano Prodi, ultra-sgradito a renziani e berlusconiani e far saltare l’Italicum, ripristinando le preferenze e mantenendo il premio di maggioranza alla coalizione e non alla lista come vorrebbe il premier. Questa volta è sceso in campo anche Pier Luigi Bersani probabilmente perché ritiene che il partito, ossia la Ditta da lui sempre privilegiata, questa volta va proprio in direzione opposta alla sua.
La goccia che, come dice un vecchio adagio, ha fatto traboccare il vaso si chiama primarie in Liguria per scegliere il candidato alle Regionali. L’afflusso di votanti forzisti ed extracomunitari , per sconfiggere Sergio Cofferati e far prevalere la candidata renziana disposta addirittura a fare maggioranza con Forza Italia, ha indotto l’ex-sindacalista, uno dei 40 fondatori del Pd, a dimettersi dal partito per il silenzio del vertice sull’accaduto. E quel vertice ha reagito criticandolo, sostenendo che non ha saputo perdere visto che vuol addirittura adire alla magistratura.
Un trattamento così nei confronti di un personaggio molto amato dalla sinistra e stimato da molti non poteva essere sopportato da Bersani così come non poteva sopportare il nuovo incontro Renzi-Berlusconi per ribadire un accordo fortemente sgradito alla sinistra dem. Da qui il lancio della candidatura di Prodi al Quirinale in funzione anche antiberlusconiana; da qui la dichiarazione di Miguel Gotor, bersaniano doc, che ormai la trattativa con il segretario è chiusa e 29 senatori Pd avrebbero votato l’emendamento da essi presentato per bloccare i capilista e introdurre le preferenze. A meno di sorprese nel nuovo incontro, in corso mentre scrivo, tra Renzi e i senatori democratici, l’Italicum, così com’è, rischirebbe di non essere approvato . E’ signifiativo che sulle preferenze siano d’accordo anche i grillini , Sel , la fronda forzista degli amici di Fitto e la Lega.
A sostenere Gotor è sceso, pesantemente, in campo oltre allo stesso Bersani (“basta con ni nominati”) sia Fassina ( “i capilista minano la democrazia) , sia Gianni Cuperlo, per il quale l’impegno dei 29 senatori “per un Parlamento scelto finalmente di cittadini è coerente con quanto il Pd, compreso Renzi, si è impegnato a fare dinnanzi al Paese “ e se ora il premier cambia idea fa un favore a Berlusconi.
Ha, quindi, un bel dire il premier “non siete un partito nel partito” e, probabilmente, a imporre un voto a lui favorevole nell’assemblea dei senatori ancora in corso. La minoranza Pd, infatti, si è ormai rinsaldata sotto l’usbergo della difesa della democrazia contro i deputati imposti dalle segreterie e con un antiberlusconismo di ritorno che appare un po’ anacronistico.
Sulla sfondo nelle vesti del manovratore Massimo D’Alema , bistrattato da Matteo Renzi : l’avesse mandato in Europa al posto della Federica Mogherini probabilmente sarebbe stata un’altra storia. E, forse, ora non rischierebbe una brutta crisi.
A complicar la situazione del premier c’è anche l’accordo Berlusconi-Alfano sul nuovo Capo dello Stato, impostazione condivisa anche dalla Lega : non dev’essere un Pd .