La sfida di Bersani non preoccupa Renzi

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di giustus

Ormai è scontro aperto tra la sinistra Dem ed il segretario-premier, ma la sfida a tutto campo di Pier Luigi Bersani non preoccupa Matteo Renzi. Anzi credo che faccia parte della sua strategia : o vi allineate o si va al voto anticipato e le liste le faccio io.

In altri termini: dopo tante sconfitte io ho portato il Pd al 41% – ha detto, in sostanza, replicando proprio all’ex-segretario –, tutte le principali decisioni sono state esaminate e votate negli organi di partito, sono, quindi, stupito dalle polemiche, il popolo che ci ha votato non se lo merita.

Dopo aver sottolineato che, in particolare, sono “ingiustificate le polemiche sugli orari e le modalità dell’incontro informale” di domani, ecco la frase con il pluralis maiestatis che fa meglio comprendere la strategia renziana: ”non abbiamo tempo da perdere, non sprechiamo nemmeno un minuto in polemiche sterili. Al lavoro per ridare speranza e fiducia all’Italia”. Mi pare esplicita la minaccia : se mi bloccate ricorro al voto, spiegando agli italiani che mi rallentate o addirittura mi impedite l’azione per ridare fiducia e speranza agli italiani.

Non credo, però, che gli oppositori interni al Pd demordano. La misura è colma, a loro avviso, e qui è in gioco, fa capire Bersani, la storia e il bagaglio ideale della Ditta, ossia il partito. L’ex-segretario ha sopportato, scegliendo la via della mediazione, mitigando le reazioni dei suoi, invitandoli a collaborare, ma ora siamo giunti al limite, anzi a leggere la lunga intervista rilasciata ad “Avvenire”, guarda caso il quotidiano dei vescovi italiani, quel limite è stato superato. Ecco i motivi: il Jobs Act  “mette il lavoratore in un rapporto di forza pre-anni Settanta” e,quindi, si pone “ fuori dell’ordinamento costituzionale”; Italicum e riforma istituzionale hanno “combinato disposto” che “rompe l’equilibrio democratico.” Da qui la dichiarazione  “Se la riforma costituzionale va avanti così io non accetterò mai di votare la legge elettorale.” Infine ecco l’attacco frontale a Renzi sulla riunione di domani : “Non ci penso proprio ad andarci perché io mi inchino alle esigenze della comunicazione, ma che gli organi dirigenti debbano divenire figuranti di un film non ci sto.”

Sulla scia bersaniana venti senatori Pd hanno scritto al caporuppo Zanda per manifestare “rilevanti perplessità” proprio sull’incontro di domani, ricevendo la risposta che gruppi parlamentari e partito debbono lavorare insieme e le riunioni possono “essere talvolta utili”.

E’ probabile, comunque, che domani pomeriggio una buona parte della sinistra dem, alcuni prodiani e lettiani disertino l’incontro, sanzionando così una rottura che, come detto, non preoccupa affatto Renzi. Il quale ironizza addirittura su Bersani : “che vul fare ? Trasformarsi nel Bertinotti del 2015, ma non ha la forza, non ha i voti.” Ed ai suoi ripete “se non si fanno riunioni non va bene, se siamo collegiali e ascoltiamo, uguale, la verità è che la minoranza si sta dividendo, i risultati del governo li stanno spiazzando e i dissidenti non ce la fanno a far saltare le riforme.” E se, per caso, ce la facessero , beh!, c’è il voto anticipato. Sì, ma se lo permette Mattarella e se non si concretizzasse un’alternativa Amato. Non c’è alcunché di certo: le prossime pagine politiche sono , infatti, tutte da scrivere.