Giorno dopo giorno stiamo assistendo, subendone passivamente le conseguenze, ad una dittatura strisciante che, poi, tanto strisciante non è.
Due i fatti che mi portano ad esprimere questo pensiero che proviene da una amara costatazione.
Il primo è quanto sta accadendo ormai da diversi giorni al Senato sull’iter del disegno di legge Boschi che prevede, attraverso una profonda riforma costituzionale, l’abolizione di una Camera Parlamentare, il Senato.
Questo disegno di legge che avrebbe dovuto trovare il massimo consenso, sta andando avanti a colpi di maggioranza senza che l’opposizione abbia voce in capitolo e nella quasi indifferenza da parte del Presidente del Senato Grasso, il cui comportamento viene duramente contestato, richiamando ufficialmente l’attenzione del Capo dello Stato, al quale è stato fatto un appello sottoscritto da tutti i partiti della minoranza.
A confermare questo clima è stato il senatore di Forza Italia Paolo Romani, annunciando anche una riunione con i gruppi di Sel, Lega e M5S per una discussione interna.
“Andiamo avanti — ha detto Romani alla stampa parlamentare — con la resistenza passiva. Al Presidente della Repubblica scriveremo che la discussione è resa impossibile”.
“Abbiamo assistito ad un progressivo irrigidimento da parte del Governo, che ha costantemente rifiutato ogni confronto e ha già portato, alla Camera, all’approvazione di un testo votato solo dalla maggioranza. L’attuale lettura al Senato, che ha preso il via con il solo Relatore di maggioranza, non confermando il relatore di minoranza, sin dai lavori in commissione non ha visto svolgersi una reale discussione sulle proposte emendative”.
Poi il durissimo passaggio riservato alla seconda carica dello Stato, accusata senza mezzi termini di avere smarrito l’imparzialità propria del presidente del Senato.
“Dobbiamo rilevare il venir meno del ruolo di arbitro super partes del presidente del Senato che, esprimendosi costantemente a favore delle istanze della maggioranza — si legge nella lettera indirizzata a Mattarella — ha portato a gravi violazioni del regolamento in merito alla presentazione e votazione degli emendamenti in particolar modo di quelli sottoposti a voto segreto sulla delicata materia delle minoranze linguistiche, pregiudicando così la corretta gestione dell’aula”.
Il secondo punto è questo rimbalzare della notizia di una nostra partecipazione attiva in Iraq con quattro nostri aerei che dovrebbero entrare in azioni di guerra contro l’ISIS.
Fermo restando che essendo membro di una alleanza, la NATO, rimane difficile restarne fuori assumendo solo una partecipazione passiva, forse sarebbe stato opportuno il coinvolgimento parlamentare. Laccelarazione di quanto si sta verificando in Medioriente impone la massima attenzione anche per il progredire della tensione fra Russia e Stati Uniti.
Scrie Lucia Annunziata: “Le cronache di queste ultime settimane non lasciano dubbi, e val la pena riepilogarle solo per i più distratti: un Putin isolato sul piano internazionale sulla questione Ucraina, ed espulso da tempo da sue tradizionali aree di influenze, ha intelligentemente colto la sciatteria e la malavoglia dell’intervento Usa in politica estera, in particolare in Medioriente, ed ha ripreso l’iniziativa. Sul piano diplomatico corteggiando il favore di ex alleati e non – con un giro di incontri ampi, dal premier israeliano ai vertici italiani, dai colloqui con Iran a quelli del nemico dell’Iran, l’Arabia Saudita. Facendo intravedere alla pubblica opinione araba e occidentale la Russia come necessario alleato per una lotta al terrorismo. Significativamente il tour diplomatico è stato accompagnato dal rafforzamento militare di Mosca a Latakia, il porto che è l’accesso al mare della Siria, e dove la presenza russa è stata fatta salire a duemila soldati e un sostanzioso numero di aerei.
Una mossa audace che in pochi giorni ha spiazzato gli Stati Uniti, sottolineandone la impotenza”.
Quello che non piace è che il nostro Paese debba trovarsi a combattere una vera e propria guerra senza esserne messo a conoscenza solo dopo l’insistenza delle voci fatte circolare dal Corriere della Sera circa un imminente inizio delle operazioni offensive da parte dei caccia italiani, nell’ambito della coalizione internazionale contro lo Stato Islamico, il dibattito politico sull’ipotesi del coinvolgimento attivo dell’Italia si accende. La giornata di ieri, caratterizzata da un profluvio di dichiarazioni provenienti dai partiti italiani, si sono svolte le audizioni dei ministri degli Esteri e della Difesa, ascoltati dalle relative commissioni parlamentari.
E se nel suo intervento Il ministro Roberta Pinotti ha lasciato trasparire la sensazione che si tratti ormai solo da stabilire “il quando” per dare il via alle operazioni dei caccia italiani, era stato pochi minuti prima il capo della Farnesina a frenare, smentendo tra l’altro la ricostruzione giornalistica del Corriere.
“L’Italia non ha preso nuove decisioni sull’utilizzo dei propri aerei in Iraq. E se dovesse prendere tali decisioni, il governo non lo farebbe di nascosto ma in parlamento. La crisi non si risolve con un intervento unilaterale”.
Così Gentiloni prima delle parole del ministro della Difesa che invece ha parlato di “valutazioni in corso” per “ulteriori ruoli dei Tornado” italiani. Parole poi ribadite nel corso di un’intervista rilasciata al Tg1.
“L’Italia nella lotta all’Isis, in Iraq c’è sempre stata: siamo ad Erbil, siamo a Baghdad, ci siamo con i nostri addestratori, con i carabinieri e con aerei da ricognizione che partecipano all’operato della coalizione. Eventuali diverse esigenze, sulla base del rapporto con gli alleati e con il governo iracheno verranno valutate ma certamente passeranno al vaglio del parlamento”.
Oggi e domani la stessa Pinotti sarà intanto a Sigonella per discutere della situazione con Ashton Carter, segretario alla Difesa USA.
Viene da chiedersi: questi comportamenti, come li vogliamo chiamare?