SE QUESTA NON E’ PRIMA REPUBBLICA… COSA E’?

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Siamo al solito teatrino della vecchia politica, altro che innovazioni finiane! Seguendo ‘Porta a Porta’ mi sonoreso conto che tuto è un teatro che sfiora l’assurdo con un Presidente della Camera, Gianfranco Fini, che dovrebbe tutelare il parlamento e, invece, propone e fa proporre, a mò diktat, una crisi extraparlamentare rifiutata dal Presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi, che, come si sa, non ama molto i vincoli parlamentari e, tuttavia, riporta la questione alle Camere.
Così la sfida del leader  del nascente Futuro e Libertà si rivela un boomerag, con buona pace di “Repubblica” che  esalta Fini  e sostiene che siamo al 25 luglio del Berlusca e del berlusconismo, cioè alla liberazione dal Cavaliere. Il quale è un po’ ammaccato e non più smagliante, anche per un po’ di autolesionismo comportamentale, ma  ancora sulla breccia. Sì perchè il cerino acceso della crisi  è rimasto, comunque, in mano al Presidente della Camera: o vota insieme a quella sinistra che ha indicato come alternativa al suo partito-movimento e rischia d perdere un bel po’ di consensi o appoggia dall’esterno, come ha detto, il governo che così va avanti. Fino a quando  è difficile dire.
Ecco perché ritengo che il tanto sospirato governo di transizione non pare tanto agevole da realizzarsi, tenuto conto che Fini al Senato dovrebbe “conquistare”bel pacchetto di voti dal Pdl. Inoltre,  ha ragione il”rottamatore” Matteo Renzi, sindaco di Firenze, quando dice che il sistema di voto “è solo un alibi per mettere su un governo tecnico che, poi, consentirebbe a Berlusconi di fare la vittima e rifarsi una verginità politica”. “Anche perché – aggiunge – la legge elettorale le opposizioni non la cambieranno mai perché non hanno le stesse idee su come riformarla”.
Eppoi  siamo daccapo: Fini si mette a fianco di Bersani e Di Pietro nel sostenere un Esecutivo del genere?
In sostanza, ho l’impressione che Fini ,nel tentare di mettere con le spalle al muro Berlusconi  senza assumersi la responsabilità della crisi  (dimettiti e fai un nuovo governo, con un nuovo programma e una maggioranza allargata all’Udc), abbia commesso un grave errore . Eguale e forse superiore  a quello degli ex-colonnelli di AN che avevano previsto un flop di deputati per i finiani.
E’ stato, infatti, facile per il premier replicare: io non mi dimetto, venite in Parlamento a sfiduciarmi dopochè 15 giorni orsono mi avete votato la fiducia.
Si va avanti, dunque, con la vecchia politica, tanti saluti alla vera discontinuità: il Presidente della Camera l’ha evocata, ma, come temevo, solo nei confronti di Berlusconi e del berlusconismo dai quali era pur  stato sdoganato e, a lungo, beneficato.
Ho ascoltato in diretta tv il discorso finiano. Siamo ancora alla vecchia politica, nonostante  la tecnologia e i lustrini della kermesse umbra, con tanta nostalgia del Msi e un’infarinatura di modernismo. Tutto, però, giocato sul tatticismo, sull’antiberlusconismo a 360  gradi, scoperto un po’ in ritardo, per la verità, e su etichette ad effetto senza le attese novità, senza l’indispensabile discontinuità con impostazioni, soluzioni e teorie sorpassate. I fans finiani si sono, indubbiamente, entusiasmati, ma era sufficiente parlar male di Berlusconi per attirarsi battimani e simpatie anche dal quotidiano-partito “Repubblica”. E m’è parso singolare che, mentre  ha inveito contro il culto della personalità, ha facilmente  ironizzato sull’iperbole “meno male che Silvio c’è,  abbia accolto, sorridendo soddisfatto, l’intervento del suo pasdaran Italo Bocchino che ha urlano: “faremo tutti da scudo umano a Gianfranco !” Che spunti un nuovo culto della personalità?  Può essere come rientra nel novero delle possibilità, pur se remote, che abbiano ragione coloro che vedono un Tremonti, un Frattini, un Alfano a sostituire Berlusconi a Palazzo Chigi, ovviamente d’accordo con il Cavaliere, scompigliando, così, tutte le carte politiche?
Forse siamo, come dice Renzi, alla “solita ammuina”. Di certo c’è che il governo impegnerà risorse  nei settori più urgenti, togliendo armi agli avversari, e che il capitolo riforme rischia di rimanere un libro dei sogni. E, soprattutto, non vedo risposte innovative ai bisogni vecchi e nuovi dei cittadini. Non dico di andare a pescare nella decrescita del filosofo francese Latouche, nelle sue utopie, ma i nostri politici anche da lì potrebbero trarre utili suggeri. Il guaio è che sono sempre più autoreferenziali, sempre più chiusi, quasi prigionieri, nelle loro diatribe, nei loro particolarismi. Non sarebbe l’ora di mostrare un colpo d’ala, di aprire porte e finestre all’aria di un vero, trasversale  e non solo generazionale, rinnovamento, di nuova classe dirigente? La classe politica attuale non certo l’unica depositaria di idee. E’ sufficiente lasciare un pò di spazio.
 

 

 

 

 

 

 



 

 

 

 

 

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