URSO IN BILICO: DECIDERÒ PRESTO CI SONO IN BALLO ANCHE AMICIZIE – «NON FARÒ IL CAPOGRUPPO, LE POLTRONE A ME NON INTERESSANO

Standard

URSO IN BILICO: DECIDERÒ PRESTO CI SONO IN BALLO ANCHE AMICIZIE – «NON FARÒ IL CAPOGRUPPO, LE POLTRONE A ME NON INTERESSANO»
Fabrizio Roncone per il “Corriere della Sera

«Quello che dovevo dire, l’ho già detto alle agenzie di stampa» . Ma, forse, non ha detto tutto. «Ho detto ciò che non farò… Non farò il capogruppo di Futuro e libertà alla Camera. Penso che quell’incarico possa essere ricoperto in modo eccellente da Benedetto Della Vedova, che è una persona perbene» .

fini e della vedova medium

Il passo indietro di Della Vedova poteva essere…
«Guardi: credo solo nella coerenza, nella passione e nelle idee. Ad Adolfo Urso, lo scriva, le poltrone non interessano» .

Può dirmi ora cosa farà?
«No, non posso» .

Non può, perché?
«Perché sto decidendo» .

Sta decidendo di lasciare Futuro e libertà?
«Le ripeto: sto decidendo. E non si tratta, come immaginerà, di una decisione facile. In fondo, devo anche tener conto di una comunità di amici…» .

BENEDETTO DELLA VEDOVA

Biondo e malinconico, ma anche pragmatico e pacato: Adolfo Urso- 54 anni, e tanti ne sono ormai trascorsi da quando Giorgio Almirante, con sguardo complice, lo definiva «il giovane Urso» – avrebbe preferito continuare a restare nel ruolo che si era ritagliato fin dai tempi del Secolo d’Italia, giornalista di analisi politica, mai un eccesso, nemmeno il ricordo di un tafferuglio giovanile (anche lui aveva cominciato nel Fronte della Gioventù). E invece sono giorni che è inseguito dai cronisti – ai quali a volte risponde: «Cosa faccio? Mi sono comprato un cane, lo porto a spasso» – e dalle voci: e le voci raccontano che Urso è assai deluso da Gianfranco Fini, che pure seguì senza esitazione nelle settimane in cui l’uscita dal Pdl cessò di essere solo minacciata ma fu necessario, letteralmente, organizzarla.

ADOLFO URSO

Urso divenne il coordinatore del comitato promotore di Fli. Per lui, un incarico perfetto, in quegli incerti giorni di inizio autunno. Urso non sbagliava aggettivi, non forzava i toni, prudente tesseva la rete dei deputati e dei senatori: arrivava con le giacche tagliate dal suo sarto napoletano, le cravatte color pastello, il sorriso rassicurante, l’aria rassegnata e mai insofferente di uno che aveva studiato da ministro per l’Economia e che invece- vai a capire certi intrecci- Fini aveva messo a fare il viceministro dello Sviluppo economico con delega al Commercio estero (numerosi osservatori sono concordi nel sostenere che la sua attività è stata piuttosto proficua).

Così Urso arrivò all’Assemblea costituente del partito, a Milano, nutrendo la comprensibile speranza di poter ottenere un incarico prestigioso nel nuovo organigramma. E anche per lui – come del resto per Andrea Ronchi, che in segno di fedeltà a Fini s’era addirittura dimesso da ministro – occorre ripetere ciò che accadde in quella domenica pomeriggio (era il 13 febbraio scorso). La storiella comincia a Linate e finisce a Fiumicino: quando, scendendo dall’aereo, Urso e Ronchi apprendono che gli incarichi non sono più quelli promessi un’ora prima. Fini ha improvvisamente concesso i ruoli più importanti ai «falchi» del partito.

ANDREA RONCHI

I falchi: guidati da Italo Bocchino. E Urso, da capogruppo di Fli alla Camera, era stato addirittura retrocesso a semplice portavoce (al suo posto, Benedetto Della Vedova: il quale, per questo, poche ore fa, ha prospettato la possibilità di fare un passo indietro). Troppo tardi. Urso – padovano da parte di madre, ma siciliano da parte di padre- ha un senso dell’orgoglio piuttosto spiccato e, come tutte le persone miti, è capace di rare ma inesorabili arrabbiature. E adesso è molto arrabbiato. Lui, naturalmente, nega.

E ripete: «Noi dobbiamo costruire una destra riformista ed europea, liberale e moderna, libera dai rancori e dalle recriminazioni, che non divida ma unisca…» . Non smette, neppure in questa fase, di essere misurato. Molto «colomba» , per capirci. Molto distante, per capirci anche meglio, dal Bocchino che entra nelle arene dei talk-show e sfida tutti. Urso è diverso.

GIULIANO FERRARA

Quando, nell’agosto scorso, nei giorni in cui divampava la storia finiana della casa di Montecarlo, fu messo nel mirino un suo appartamento, pur di chiarire tutto fu pronto a fornire una spiegazione- «l’ho acquistato regolarmente, ho un mutuo da ottomila euro al mese» – che a molti parve troppo dettagliata.

Oggi, infatti, qualcuno la rispolvera. E, con perfidia, la usa. «Un motivo, se torna con il Pdl, c’è: le rate arrivano puntuali ogni mese…» . Vedremo. Intanto, però, è interessante ricordare come il Foglio di Giuliano Ferrara, già undici anni fa, scriveva: «Urso, ex boy-scout, faccia telegenica, è più ben visto da Berlusconi che da Fini.

Preso da Dagospia

 

Lascia un commento